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...E ORA PARLIAMO DI KEVIN regia di Lynne Ramsay

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Macs     7½ / 10  06/04/2012 22:13:59Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una buona pellicola che tratta essenzialmente del tema della perversione, con forti simbolismi sul colore rosso. Insomma nulla di particolarmente nuovo, ma non è la trama che colpisce, bensì il modo di raccontarla e la splendida colonna sonora. Durante e al termine della visione il film fa riflettere, e non mi pare ci siano dubbi che quello che Kevin ha fatto nasce da un amore smisurato, incomprensibile e soprattutto non corrisposto verso la madre, che a una lettura superficiale del film sembrerebbe la vittima, quando in definitiva è la vera colpevole delle frustrazioni di Kevin e dei suoi gesti di tragica follia.
Niko.g  07/04/2012 17:48:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La tua analisi sembrerebbe giustificare Kevin, che secondo te nutre un amore smisurato e incomprensibile verso la madre, unica colpevole delle frustrazioni del figlio.
Dimentichi però che


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Di contro, la madre è incapace di attuare un’adeguata contro-risposta in tempi brevi e anzi, si fa stupidamente sopraffare dai discorsi preimpostati del figlio (forzati, perché messi in bocca ad un ragazzo da una sceneggiatura pretestuosa) e non possiamo nemmeno dimenticare che il padre è tagliato fuori, rappresentato come un cogliòne dal tocco femminista della sceneggiatrice e quando in Kevin esplode la delicata fase adolescenziale, è troppo tardi per mettere riparo alla sua devianza psicopatologica, oramai degenerata.
Macs  01/05/2012 10:50:03Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono d'accordo con te ma il mio discorso è più generale: credo che il film voglia mettere in discussione il senso complessivo dell'essere genitori, la convenzione piccolo-borghese che diventare padre o madre sia un "dono" meraviglioso di cui essere grati (a chissà chi), avanzando l'ipotesi che l'essere genitore sia una condizione ormai ingabbiata in determinati e opprimenti cliché (ereditati per convenzione e tradizione) secondo cui, per esempio, giocare col bambino piccolo tirandogli la palla é un'attività "dovuta", alla quale il bambino "deve" rispondere tirando la palla indietro. Tutto questo è pura convenzione, cliché, e passami il termine, stupido conformismo. Il film secondo me intende mettere alla berlina quest'idea convenzionale e perbenista della "genitorialità", dimostrando che questi cliché non sono validi, giusti e auspicabili solo perché nella società occidentale ci vengono inculcati fin da bambini e noi siamo in un certo senso tenuti ad accettarli acriticamente. E il film rivolta queste convenzioni, a mio modesto parere, con cruda intelligenza.
Niko.g  03/05/2012 22:00:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La genitorialità, però, non può essere un’idea convenzionale. E’ un aspetto che affonda le sue radici nella natura dei rapporti umani e che se colto solo a livello formale rischia di ricondurre alla convenzione anche un sentimento materno, con tutto ciò che gli ruota attorno.
Il gioco con la palla, la premura materna per l’apprendimento scolastico, il rispetto delle regole, ecc., sono tutti comportamenti che dietro l’aspetto formale, che può cambiare da cultura a cultura, celano una sostanza di fondo comune a tutte le civiltà: allevare, prendersi cura e proteggere la prole. Questa non è una convenzione.
Che lo si veda dal lato del comportamento di Kevin o da quello del rifiuto della maternità della madre, il tema raccontato nel film, secondo me resta confinato in un ambito di devianza (funziona cioè più come thriller) e trarne un messaggio antropologico mi sembra un tentativo fallimentare.