kowalsky 7 / 10 04/04/2012 17:25:05 » Rispondi Un Marco Tullio Giordana meno demagogico del solìto rischia e ci proietta dritti nell'incubo senza risposta della nostra controversa penisola: complotti, omissioni, insabbiamenti, omertà, complici e rei confessi. Il "rischio" è tangibile proprio oggi che le tensioni sociali rischiano di esplodere ancora, ma senza (e questo è un punto di forza) le implicazioni ideologiche di allora... pare che la linea di Giordana sia raccontare - anche questo rischiosamente - la febbre dell'antipolitica quando il terrorismo si innesca proprio da certe derive (estrema destra/estrema sinistra), citando le illusioni e la rabbia del Bellocchio del bel film sul rapimento di Aldo Moro. Ma il film di Giordana paga la scarsa libertà espressiva della storia: il giudice Calabresi appare vittima del suo stesso sistema (e qui possiamo anche non essere d'accordo no?), del resto è reso egregiamente da un lucido e misurato Valerio Mastrandrea. Tra i paraventi, si scopre, celata ma non troppo, un'accusa contro il sistema che ha condannato più br che fascisti, o una certa pietosa assoluzione dei "poveri gruppi anarchici", facendo il Santino di Giuseppe Pinelli... cose condivisibili, ma che rispecchiano quella forte dimensione oltranzista dell'italiano medio davanti alla brutalità degli eventi e degli efferati responsabili. Se si eccettuano queste e altre forzature (difficile pensare alla moglie di un magistrato intenta a lavare i piatti, altra faticosa connotazione ideologica del nostro debole pensiero Italico) e una certa staticità di fondo, il film è complessivamente un buon prodotto. Ti assorbe completamente. Ed è facile giudicarlo indispensabile per le nuove generazioni, quelle che non hanno certo vissuto quel clima fetente, quelle dove i bambini a scuola parlano di Mijailovic o Totti, invece delle "bombe scoppiate ieri"
valis 06/04/2012 21:47:51 » Rispondi per la precisione calabresi non era un magistrato ma un commissario