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SEDOTTA E ABBANDONATA regia di Pietro Germi

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KOMMANDOARDITI     9½ / 10  27/05/2010 23:24:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
In Italia si contano sulle dita di una mano quei "metteur en scene" capaci di creare opere grandiose e sempre attuali in grado anche di essere recepite ed apprezzate da chiunque, senza distinzioni sociali e culturali.
Germi è stato, assieme ad altri registi quali Bava e Risi (Dino), uno dei pochi a realizzare capolavori, pellicole immense ed universali, senza mai però cedere alla tentazione di immergersi in criptici intellettualismi o elitarie preclusioni verso il grosso pubblico. Ecco perchè le sue opere sono e saranno sempre fruibili a 360 gradi, al contrario di altre, di pur pari livello artistico, perenne esclusiva dei cosiddetti appartenenti alla casta dei "cine-pasionari". Purtroppo però l'autore ligure non ha mai goduto, nel nostro Paese, della stessa considerazione tributata a personalità come Rossellini, De Sica e Antonioni. Non per altro la versione del film da me visionata è quella rigorosamente restaurata d'importazione USA, dal momento che, da noi, circola ancora la vecchia copia spuntinata e scolorita : ciò a dimostrazione di quanto siano alti il rispetto e la considerazione verso un artista del calibro di Germi...!
La sua fondamentale importanza per il rinnovamento del Cinema italiano è da attribuire indiscutibilmente al meraviglioso DIVORZIO ALL'ITALIANA, primo superbo esempio di "commedia all'italiana" (per l'appunto!) e apripista di un genere che svecchierà, rivoluzionandola, l'intera concezione di Cinema da parte della gente.
Al filone oramai concluso del Neorealismo, Germi ne fa subentrare un altro che, invece di rappresentare la realtà così com'è, la deforma mostruosamente, dilatandola e costringendola in continuo andirivieni sotto le spinte dell'ambiente sociale entro cui le vicende hanno luogo, a seconda dei sentimenti e delle emozioni che vi aleggiano.
SEDOTTA E ABBANDONATA è il secondo capitolo dell'imprescindibile trittico germiano ( che comprende, oltre al già citato DIVORZIO ALL'ITALIANA, anche il successivo SIGNORE E SIGNORI) ed in questo caso il regista ci va veramente giù pesante, calcando ancor più che in precedenza la mano in cattiveria e satira feroce. Stiamo riferendoci ad un'opera barocca e fosca, ad un capolavoro di corrosività che attacca di petto le usanze e gli aspetti più retrogradi del tradizionalismo meridionale. Un film che non risparmia colpi bassi e bassissimi, descrivendo non più personaggi in carne ed ossa ma una carrellata di maschere alla Bosch sature di un irsutismo grottesco mai apparso su schermo prima di allora.
La cornice è la cittadina di Sciacca, in Sicilia, un paese arso dalla calura estiva in cui è necessariamente d'obbligo che tutto si svolga alla luce cocente del sole (o che almeno ne dia la parvenza...). C'è la piazza assolata, che fa da palcoscenico pubblico a ciò che quotidianamente accade agli abitanti ; dentro le abitazioni però, al riparo di quelle quattro mura invalicabili agli occhi esterni, grava invece il buio più cimiteriale (reso ancora più angosciante dalla fotografia fortemente chiaroscurata del maestro Aiace Parolin).
Agnese Ascalone (una arrendevole ma sensuale Stefania Sandrelli) viene ingenuamente concupita dal fidanzato (un convincente Aldo Puglisi) della sorella babbiona e grassottella : da qui in avanti la tranquilla pace familiare verrà sconvolta irrimediabilmente e, suo malgrado, sarà proprio Agnese il pomo della discordia generatore dell'infernale sequela di tormenti a cui il parentado andrà incontro.
Se nel primo capitolo della trilogia venivano messe alla berlina le storture del codice penale nostrano che giustificavano il "delitto d'onore", in questa seconda parte l'obbiettivo su cui argomentare è senza dubbio l'illibatezza pre-matrimoniale, anzi meglio ancora l'onore familiare da preservare a tutti i costi, in nome di una rispettabilità pubblica in cima alla graduatoria dei valori imprescindibili. Questo a costo di imbastire messinscene meschine e bassamente puerili, in una girandola di menzogne, sotterfugi e diabolicissime contromosse tattiche totalmente al di fuori di ogni sobrietà razionale. Deus ex machina e padrone delle scene incontrastato è il nodoso e manesco pater familias Vincenzo Ascalone (interpretato da un Saro Urzì di impressionante potenza istrionica) : tanto ispido ed autoritario in privato quanto pavone ma fradiciamente succube del giudizio altrui all'aperto. E' lui il motore di tutti i loschi ed astrusi traffici "riparatori", l'architetto della colossale impalcatura di bugie, destinata a rovinare sotto il suo stesso peso. Da antologia dell'incubo la sequenza del suo orrendo sogno notturno : un convulso accatastarsi di ricordi, facce, frasi smozzicate di una tragicomicità ineguagliabile e senza via d'uscita.
Ma le sensazioni contrastanti attraversano ininterrottamente tutto il film... Come non ridere ed al contempo provare anche compassione per un giovane Lando Buzzanca (il fratello di Agnese), costretto in malo modo ad assumere l'immane ruolo di esecutore vindice del danno subito dagli Ascalone : un vitellone post-litteram che implora sino all'ultimo una mano che lo tiri fuori dall'impiccio e che, al solo grido di richiamo materno, non esita un secondo a guizzare fuori dalla vettura che lo condurrà ugualmente sul "luogo del delitto"...E che dire poi di altre "logiche irrazionali", come il fatto che Puglisi rifiuti categoricamente di sposare Agnese proprio perchè disonorata e non più vergine (!!!)
Con una presenza femminile completamente di contorno e subordinata all'uomo, all'autore non resta che confidare nelle Forze dell'ordine, unica luce in un mondo ottenebrato da un illogico senso della reputazione.
L'unico che alla fine pagherà veramente caro il sovrumano sforzo impiegato sarà proprio Don Vincenzo Ascalone, stritolato dagli stessi ingranaggi della società sicula, in un estremo gesto pacificatore che chiuderà in modo forzatamente onorevole il cerchio eterno della ridicolaggine umana. Come si dice : " Apparentia omnia vicit"....
Frutto di una conoscenza approfondita della materia trattata, SEDOTTA E ABBANDONATA può essere ritenuto l'apice della perfidia misantropica di Germi e tesoro ne hanno fatto accortamente registi come l'Ettore Scola di BRUTTI,SPORCHI E CATTIVI ( trasportando la vicenda nelle baraccopoli della periferia romana più degradata), il Martin Scorsese dei gangster-noir (nella raffigurazione sulfurea dei personaggi) ed anche i conterranei Ciprì e Maresco.
Per ciò che mi riguarda, nelle opere più pungenti e sarcastiche del regista genovese, non ho mai scorto vero disprezzo o rancore, quanto piuttosto millimetrica fascinazione per quelle tanto assurde ma oggettive dinamiche antropologiche e di costume, così precisamente ricostruite e mai semplicisticamente abbozzate. In fondo il Peckinpah de LA CROCE DI FERRO non è poi così lontano.........
Un must da vedere e rivedere ed ancora rivedere.

P.S. : Le musiche di Rustichelli sono INDIMENTICABILI !!!