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DIAZ regia di Daniele Vicari

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7½ / 10  17/04/2012 20:58:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Per Genova chiesi due giorni di ferie, che non mi vennero concesse. Avevo evitato magari di trovarmi qualche costola fracassata o di finire, da onesto cittadino, in una squallida centrale di polizia e magari sì in una specie di prigione post-atomica, ridotto con i vestiti a brandelli in uno stato civile. Esagerato? Non direi proprio. Nessuno poteva dirsi "fuori gioco", per il rischio latente, l'incontrollabile macchina di un potere meschino, dove piace a tutti (ma sì) rispolverare l'antico squadrismo che tanto rimpiangiamo. Ma quello che piu' ti indigna è sapere che qualche amico di vecchia data (uh quante liti sull'argomento, su quei terribili giorni...) darebbe ancora oggi ragione ai poliziotti. Ciò che ripugna è sapere che, alzando i vessilli tiepidi dell'antidemagogia che cerca sempre "i buoni qua e i cattivi là" (cfr. Marlene Kuntz docet) ci saranno ancora tante emerite teste di m... che troveranno tutto questo esagerato e poco credibile. Perchè a Genova andavano puniti i pensieri, come in certi capri espiatori degli anni 70"? Non stupitevi se in questi giorni si legge l'ennesima assoluzione su Piazza della Loggia, se i veri esecutori fanno vita beata, questa è l'Italia.
Ed è quella che racconta benissimo Vicari, con uno stile a metà tra il documentaristico e l'instant-movie che, vagamente, sembra ricordare l'Altman di Nashville. Vicari però esaspera i toni lasciando qualche vago e intenso bagliore del nostro (inutile?) idealismo (ritrovato nel modo peggiore?).
Comincia il film con il G8 che rassicura - nei nefasti tg nazionali - la massa sul "bisogno di salvare l'economia mondiale" - sono trascorsi piu' di 10 anni e il mondo sprofonda nella m... grazie a queste incoraggianti promesse.
Ma dopo tanto buonismo sociale (v. il poliziotto Scamarcio del film di Placido sul 68" che voleva "stare con i dimostranti", senza manganelli in vista), dopo visioni tardoromantiche dei Movimenti e sommosse, ci voleva proprio il film che mettesse a nudo una scomoda verità cercando di evitare, magari, anche gli stereotipi poliziotteschi di cui non sono esenti nè Acab nè tantomeno il rigido film di Giordana su Piazza Fontana.
Esperimento riuscito in parte, se è vero che la brutalità coincide spesso con una "normalità" talvolta assente nei volti invasati della Benemerita (?). Vicari poi contrappone alla violenza del film una rappresentazione un pochetto stucchevole dello spirito giovanilista. Le didascalìe finali, poi, così anonime, sembrano sminuire in modo sconcertante tutta la rabbia vissuta e lordata allo spettatore fino a poco tempo prima.
Eppure il film è e resta efficacissimo. Alcuni momenti riportano al miglior cinema di denuncia sociale italiano - quello degli anni 70" proprio così - su tutti l'assalto alla Diaz o la "visita" dei parenti e amici ai ragazzi divisi dal filo spinato e dalla privazione della libertà. Immagini che il miglior Costa-Gavras (pensiamo a Missing, dopotutto non a caso) non avrebbe potuto immortalare meglio.
Un film pertanto Importante nella sua asprezza espressiva, a ricordarci tutto ciò che è potuto accadere in una specie di Democrazia, prima della fine del mondo. Un'autentica tragica Orgia di potere.
polbot  20/04/2012 12:52:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
http://www.vittorioagnoletto.it/2012/04/quello-che-il-film-diaz-non-dice/