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007 - GOLDENEYE regia di Martin campbell

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Dom Cobb     6½ / 10  07/05/2012 17:34:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Allora...cominciamo dal principio. Premetto che il cambio di attore non ha mai rappresentato un problema per me, e Brosnan nel ruolo di Bond è bravo come tutti gli altri, forse un po' migliore a conciliare la comicità tipica di Moore con la serietà di Dalton, il senso del dovere tipico di Connery con l'umana debolezza di Lazenby. Tuttavia, attore a parte, il film è meno speciale di quanto si creda: la sequenza-prologo è in assoluto la peggiore di tutta la serie, con la base russa e dintorni che cambiano continuamente topografia; il villain di Sean Bean, che si rivela a metà film con quello che vorrebbe essere un colpo di scena e invece non lo è affatto


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avrebbe potuto essere reso meglio, ma fa comunque la sua figura, stessa cosa per la sadica Famke Jannsen. Coltrane si diverte nel ruolo di un russo zoppo, mentre la modella Izabella Scorupco non lascia molto. E' vero, gli effetti speciali sono più o meno decenti, le scene d'azione sono ben fatte (da notare l'inseguimento in carro armato), ma sinceramente non capisco chi critica film come Moonraker e poi osanna Goldeneye, dato che in entrambi i film le assurdità sono innumerevoli


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Inoltre, il ritmo è paurosamente altalenante: brioso nella prima parte, lento e pesante nella seconda, va un po' meglio nella terza, ma senza arrivare alla velocità dei primi venti minuti.
Alla fine, però, si tratta di un valido esempio di buon cinema d'intrattenimento e si potrebbe avvertire qualche brivido nel sentire la trascinante colonna sonora con in testa la brava ma invecchiata Tina Turner.
Dom Cobb  22/04/2023 16:00:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un'organizzazione terroristica nota come Janus penetra in una stazione radio sperduta tra le nevi della Russia e trafuga un'arma satellitare che funziona tramite impulsi elettromagnetici, dal nome in codice Goldeneye. James Bond viene incaricato di rintracciare l'organizzazione e il suo capo e fermarli prima che possano utilizzare Goldeneye per provocare un olocausto a livello mondiale...
Sei anni di vuoto intercorrono tra la fine dell'epoca Dalton, sancita con il semi-insuccesso di "Vendetta privata", e questo ritorno sul grande schermo dell'agente 007. Sei anni di diatribe legali durante i quali il mondo è cambiato profondamente, lasciandosi alle spalle l'era della Guerra Fredda e le dinamiche politiche che erano sempre state un elemento portante del franchise. Senza più il blocco sovietico, la sensazione generale è che il personaggio dell'agente segreto MI6 più famoso del mondo sia diventato obsoleto, che riportarlo in vita sia inutile, un'operazione senza scopo visto il modo in cui una figura tanto anacronistica risulti invecchiata e fuori posto in questo mondo nuovo e moderno.
In risposta a queste considerazioni, la saga si reinventa; col ritiro del padre fondatore della saga, Albert R. Broccoli, la guida passa alla seguente generazione e con essa giunge un nuovo team sia davanti che dietro la macchina da presa. Questo include un cambio di attore, dal granitico Timothy Dalton a Pierce Brosnan, che da qui in poi rimarrà per ben quattro film. Non solo, la trama rende le incertezze politiche e il lato oscuro del crollo del muro il suo fulcro: senza più un nemico unico e facile da identificare, i cattivi non sono più governi avversari, ma individui che agiscono nell'ombra e nel loro stesso interesse, personale o idealistico che sia.
"Goldeneye", titolo che strizza l'occhio all'eredità flemingiana (è il nome della sua residenza estiva in Jamaica), è l'apripista di un nuovo modo di approcciarsi a Bond, meno legato all'anima spionistica e più tendente al lato puramente action, che negli anni seguenti verrà portato all'estremo. E nonostante venga indicato come il primo Bond "moderno", per me rappresenta più un capitolo di transizione, dove a dispetto dei vari cambiamenti apportati, c'è ancora più di vecchio che di nuovo e non sempre in senso positivo.
Dal punto di vista tecnico, il film se la cava; guadagna punti grazie a un impianto registico più autoriale e meno "da manovalanza", grazie al cambio di mani da John Glen a Martin Campbell, che più volte ha mostrato di essere un grande quando è in forma. Purtroppo, la fotografia dai toni grigi e spenti, per quanto aiuti a creare una certa atmosfera thriller tipicamente anni '90, dall'altra toglie al film l'eleganza che uno in genere associa a Bond. Le scenografie di Peter Lamont richiamano i lavori del maestro Ken Adam senza strafare e completano il quadro effetti speciali artigianali e vecchia scuola con qualche prima timida inserzione di computer grafica qui e là, con risultati altalenanti.


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Deludente invece l'aspetto sonoro, dove gli effetti di spari ed esplosioni risultano stranamente smorzati, attutiti a tal punto da rendere certi momenti privi del benché minimo impatto; non so se si tratta di un effetto collaterale del restauro in DVD o se era così fin dall'inizio, sta di fatto che è un difetto che si nota spesso e diminuisce molto il godimento di quasi tutte le scene d'azione.


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Ma il problema più grande che attanaglia Goldeneye è il ritmo: il film ci mette una vita a ingranare, prendendosi fin troppo tempo nel primo atto a introdurre tutti gli elementi della trama e relegando gran parte dell'azione agli ultimi tre quarti d'ora. Il risultato è che il film sembra entrare finalmente nel vivo ben oltre la metà e che tutto ciò che è avvenuto prima non fosse altro che un dilatato prologo.


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Merito anche di una colonna sonora che definire strana è un eufemismo: non è più John Barry a occuparsene, bensì il francese Eric Serra, collaboratore abituale di Luc Besson e autore di uno score dalle sonorità grunge e industriali che, sebbene contenga qualche idea valida e un paio di tracce suggestive, risulta per lo più fuori posto; a tal punto che lo stesso regista chiamò un sostituto, John Altman, per occuparsi del famigerato inseguimento in carro armato in modo da comporre musiche più consoni alla situazione e più tradizionali. Di contro, la canzone firmata U2 è un gioiello.


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Per fortuna ci sono abbastanza lati positivi da controbilanciare il tutto: la storia infatti, pur riadattata esteticamente a uso e consumo del pubblico anni '90, è puro Bond al 100% e appena possibile si adagia sui ben consolidati cliché del franchise, tra cattivi megalomani, femmes fatales, scagnozzi, nascondigli improbabili ed estremamente costosi e piani di conquista del mondo; i tentativi di mettere in discussione Bond come "reliquia della guerra fredda" e "un dinosauro misogino e sessista" non cambiano praticamente nulla quando si viene al succo e sembrano messi lì più per zittire una frangia di pubblico progressista più che per convinzione (non che sia un male). E le scene d'azione sono dirette con consumata efficienza e professionalità, mantenendo la tradizione degli stunt dal vero piuttosto che generati in post-produzione, da sopravvivere ai problemi a livello sonoro. Il livello di spettacolo non è esattamente pari a quello di certi episodi come "Moonraker" o "Octopussy" (il budget è ancora abbastanza contenuto), ma quello di distruzione ed esplosioni si alza, garantendo del sano intrattenimento, almeno quando il ritmo sceglie di accelerare. Qua e là non mancano le esagerazioni, alcune anche eccessive,


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ma è facile chiudere un occhio quando tutti gli artisti coinvolti sono così chiaramente divertiti e appassionati a ciò che stanno facendo.
E Pierce Brosnan si rivela un ottimo Bond, una specie di summa dei suoi predecessori, da ciascuno dei quali riprende una caratteristica specifica: il carisma di Connery, l'ironia di Moore, la vulnerabilità di Lazenby e l'occasionale freddezza di Dalton. Certo, la sua ironia è meno scanzonata e più apertamente spaccona, una scelta dall'esito opinabile, ma nel complesso funziona e la trama, nel mettere Bond contro un ex collega e amico, dà occasione all'attore e al personaggio di mostrare giusto quel poco più di profondità capace di renderlo più di una semplice macchina al servizio di Sua Maestà.
Gli fanno da contorno il vero asso vincente del film, ossia un cast di personaggi a dir poco pittoreschi, dal Valentin Zukovsky di Robbie Coltrane (protagonista della sequenza più esilarante del film) alla psicotica Xenia di Famke Jannsen, passando per il nerd Boris (un Alan Cumming caricatura di sé stesso) e il granitico Gottfried John nei panni di un granitico ufficiale sovietico. Sean Bean è un villain di lusso che, pur dotato di una backstory interessante, alla fine non è tanto diverso dai vari cattivi megalomani a cui la saga ci ha abituato. Dei nuovi volti dell'MI6 nessuno lascia una particolare impressione tranne per la splendida Judi Dench nei panni della nuova M, mentre l'ultima vestigia della vecchia guardia, Desmond Llewelyn nel ruolo di Q, sembra divertirsi più che mai. Un po' incolore invece la Bond Girl di turno, una Izabella Scorupco che ci prova ma non sembra crederci molto.
"Goldeneye" è l'ideale anello di congiunzione tra il vecchio e il nuovo e trasporta James Bond in un mondo di ombre, tecnologie avanzate e dominio del vile capitalismo dalla grigia moralità. Sa di vecchio in più di un punto, ma nel complesso è un soddisfacente esordio e una prova più che valida che 007 può sopravvivere all'epoca che lo ha creato, continuando a esistere fin quando ci saranno nemici da combattere. Senza dimenticare un buon vodka martini agitato, non mescolato.
rain  07/05/2012 18:50:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi


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