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COSMOPOLIS regia di David Cronenberg

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Invia una mail all'autore del commento williamdollace     9 / 10  28/05/2012 12:18:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"La libertà assoluta trova la propria negazione solo nella morte degli altri." Hegel

Il cinema di Cosmopolis non risiede nella consequenzialità dei dialoghi, David Cronenberg stacca ogni USB e attua una sorta di Cut-Up cinematografico applicato al SUO cinema sorvolando sul rapporto causa-effetto e squarciando l'immobilismo voluto dell'intera pellicola con silenzi al limite del "RUMORE bianco" e voragini di corpi con abissi narrativi tanto quanto rivelano e possano rivelare perfettamente l'inconsistenza totale del reale, sempre in bilico tra l'essenziale estremo e l'inessenziale estremo, dando totalmente possibilità allo spettatore di cogliere il punto di svolta della sua asimmetria in ogni potere immaginifico della paranoia.

"Qualunque cosa facciamo la dismisura serberà sempre il suo posto entro il cuore dell'uomo, nel luogo della solitudine. Tutti portiamo in noi il nostro ergastolo, i nostri delitti e le nostre devastazioni." Albert Camus, L'uomo in Rivolta

Altamente profetico ["La logica evoluzione degli affari è l'omicidio" - Don DeLillo, Cosmopolis], profondamente radicato in quell'oggi che è già assente e presente e che risiede nell'assassinio del domani e pertanto nell'irreale tanto quanto la realtà non è altro che una frattura scomposta di se stessa, irriverente e asymmetrical nel proporre e nel proporsi, altamente trapiantato violentemente nel hic et nunc dello STRANIAMENTO tanto quanto il collasso della cyborg finanza e la morte del futuro, già auspicata da Ballard in Crash.

"L'ho viste in America, e oggi, ogni domenica nel mio quartiere, a Parigi, durantre i matrimoni cinesi. Sono completamente in sintonia con i nostri tempi: insieme vistose e di cattivo gusto. Sembrano belle dall'esterno, ma all'interno danno la stessa sensazione triste che un hotel frequentato da prostitute. In qualche modo mi toccano, però. Sono obsolete, come vecchi giocattoli futuristi. Penso che segnino la fine di un'era, l'era delle grandi macchine. Queste vetture sono diventate il cuore del film – il suo motore. Le ho immaginate come navi che trasportano gli esseri umani durante i loro ultimi viaggi, le loro ultime missioni. Il film è una sorta di opera di science-fiction, in cui esseri umani, animali e macchine sono in via di estinzione – "motori sacri" collegati tra loro da un destino comune, schiavi di un mondo sempre più virtuale. Un universo dal quale le macchine, le esperienze reali e le azioni stanno gradualmente scomparendo". Carax sulle Limousine (from / for "Holy Motors")

E allora queste bare bianche a cielo chiuso asettiche ed erotiche, totalmente insonorizzate, diventano i carri armati blindati per la protezione in-cosciente dell'alienazione che ride di se stessa nel vuoto Imperante del Caos che non può essere confinato con un finestrino alzato perché fiction di un mondo interiore come un Caronte Bianco di Carne Metallica Dilaniata. I nomi smettono di avere il loro significato, e l'essere nel suo "essere" umano è solo una scelta nell'infinito gioco delle possibilità. Come tutti i "Ciò in cui Credo" ogni mente è lucidamente offuscata dalla ricerca della distruzione rifuggendo il concetto romantico secondo cui dalle ceneri della distruzione nasca ogni arte e che la creazione non sia altro che giustificata collisione di energia nata dalla distruzione. La distruzione imperiale del capitalismo di Cosmopolis non è che lo specchio della metamorfosi (ancora Cronenberg) del concetto stesso del denaro: topo, topi, uomini-topi, marxismo a cinque stelle. Un valore concettuale portato al paradosso dove campeggia il trionfo dell'apocalisse dello spirito: "facciamo sesso", che non è altro che il testamento "f.uck" kubrickiano di Eyes Wide Shut, l'implosione dell'inibizione, la morte del dialogo, il fottìo della logica, una pallottola che trapassa la mano, la morte del sentimento totalmente in linea con il concetto di corpi-manichini imposto dalla nostra Società al Cerone di Morte annegata dalle lacrime di ogni equazione che asservita alla corrispondenza più non è, la determinazione a non schivare MAI la collisione nella totale ricerca dell'imperfezione per contrapposizione al non aver mai considerato ogni possibilità di errore, ogni tentativo di soverchiamento, ogni gambizzazione di programmazione da diagramma. E l'opera si chiude proprio sulla frattura Umano contro dis-Umano [«L'ultima questione è sapere se dal fondo delle tenebre un essere può brillare.» Karl Jaspers], una frattura solo fasulla, perché basata sul fraintendimento e il totale allineamento (e del suo viceversa) del solo apparentemente Umano, del solo apparentemente Disumano, nell'incertezza prepotente di DOVE siamo, di ciò che siamo, di CHI siamo.