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COSMOPOLIS regia di David Cronenberg

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jack_torrence     7½ / 10  31/05/2012 13:09:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Chissà se "Cosmopolis" potrebbe mai candidarsi a "capolavoro mancato" di Cronenberg. Forse sono troppo severo.
Leggendo "Cosmopolis" di DeLillo non si tarda a comprendere come mai il regista abbia provato un irresistibile richiamo: sembra condensare la sua poetica.
Desiderio della carne a contaminarsi con la tecnologia, che si fa tensione del nostro grado di civilizzazione a svaporare dalla materia, tradursi inanemente in mera astrazione, numero che domina asetticamente. Fantasma che si aggira. Fantasma che si protegge, insieme a tutti i propri liquidi corporei, nell'abitacolo ermeticamente chiuso.
Pattinson (a mio avviso efficace, nel ruolo di un individuo ermeticamente chiuso) entra in conflitto con il vuoto pneumatico della propria prigione: i conti non tornano più, la tentazione della materia è troppo forte.
Ecco che l'ultima sequenza, la meno risolta nonostante un Paul Giamatti in stato di grazia, ci riconduce ad ambientazioni putride e fatiscenti quali ce ne sono un'infinità nel cinema di Cronenberg (dai primissimi film a EXistenZ).
Il putridume della carne (anche fisicamente giamatti incarna bene l'antitesi di Pattinson) è una tentazione vertiginosa, che per questo personaggio che implode non può che rappresentare la negazione del proprio estremismo.
Non ci può essere rinascita, un buco nero lo attende.

Ma nel film c'è qualcosa di non perfettamente risolto: sarà probabilmente il fatto che il fascino della prosa di DeLillo è nella parola e non nella narrazione; in questo senso non è filmabile, e Cronenberg dimostra invece una incredibile fedeltà all'autore (pare abbia scritto la sceneggiatura in 6 giorni; è plausibile, dacché riporta interi passi del romanzo), in questa sua più recente propensione per la verbosità.
E' come se attraverso la parola Cronenberg volesse costruire una ulteriore gabbia, claustrofobica, in cui rinchiudere (e sotto il cui peso schiacciare) il suo personaggio, che pure con le parole si muove insolitamente bene.

Mi attendevo uno scatto visivo rispetto alla pagina, una più marcata "cronenberghizzazione" del soggetto (già però, come detto, troppo cronenberghiano in partenza, forse), e in questo sono rimasto perplesso. Anche se devo dire che l'ambientazione algida e robotica nella limousine resta impressa. Così come il procedere lento, quasi a ralenti, dell'auto.
Tuttavia, almeno a una prima visione, il film accusa tutta la propria cerebralità, il proprio essere studiato a tavolino, il proprio aggiungere tutto sommato poco alla poetica dell'autore (aggiornata al capitalismo finanziario post-industriale del XXI secolo).
L'epoca in cui il topo è divenuta l'unità monetaria.
Invia una mail all'autore del commento emans  02/06/2012 12:36:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
daccordo con il tuo ottimo commento ma io saro' meno generoso perche,come dici tu, c'è forse troppo poco di Cronenberg che sembra essersi limitato a trasportare i dialoghi del libro mettendoci poca farina del suo sacco...