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DETACHMENT - IL DISTACCO regia di Tony Kaye

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7 / 10  14/07/2012 18:14:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ok, la sceneggiatura di D. (ma anche la sua realizzazione tecnica, graphic novel compreso) e' superiore e non di poco all'80 per cento della produzione americana attuale. Un prezzo necessario costato ai produttori consapevoli che non tutti i megaprodotti coprono le spese sostenute - v. lunga lista di fiaschi pompatissimi della recente stagione. Non esiste, qui, nulla di piu' diverso del Glenn Ford di tanti lustri fa, della Sandy Dennis di un bel film di Mulligan, del Poitier elegante afroamericano nelle scuole "difficili" della giungla urbana, niente di tutto questo. Certo, i rimandi portano in quei ricordi, a certe figure eroiche o sprovvedute che si siedono dietro una cattedra e... Brody un'idealista disilluso che pero' "catonizza" pure troppo e non in privato (v. il dialogo educativo con uno studente ribelle e spaccone). Se Camus insegna lo stoicismo dal dolore meno astratto, qui il dolore si fa espiazione, rassegnazione sociale, psicoanalisi (una sorta di requiescant del cinema di Anorofsky). I "ragazzi cattivi" non sono mai davvero tali, o sembrano una versione noir dei giovani di Fame, di Alan Parker. Tony Kaye e', fin dai tempi di American History X, piuttosto bravo a trasmettere l'incomunicabilita' tra noi e il disagio - ed e' perfetto lo sfogo della psicologa, o l'inerme dissociazione volontaria dell'infermiera - ma il tutto e' un poco affettato, ancora una volta.
Il "fuori" non diverge poi molto dal mondo in trappola di Shame o del Brody - quello che vive in una fortezza di vaghe certezze - dell'ultimo Cronenberg. Due dei film piu' seminali e coraggiosi dell'anno, secondo me. Brody diventa regista e fustigatore verbale di una societa' alla deriva, ma a modo suo incoraggia una realta' che non puo' cambiare - piuttosto debole e recidivo il fatto che ospiti in casa una prostituta minorenne cercando di assumere un ruolo forzatamente paterno.
In questo senso, chiedersi se il film abbia piu' bisogno di un padre o di una madre, fantasmi nell'ombra, e' relativo.
I giovani vanno assolti o puniti, sono fabbriche di bisogni che con troppa facilita' e urgenza mostrano di avere.
Molto piu' credibili nel film i personaggi "minori", quelli che recitano dall'altra parte della cattedra sapendo di fallire, o mimano (superbo Caan) il nullo nichilismo dei loro studenti. Persone a cui forse non crede nemmeno il regista, o e' una mia impressione?
Un film per certi versi importante, che pero' non e' riuscito a strapparmi il cuore come quel film europeo, Polisse. Forse perche' davanti al crollo delle certezze lo spettatore avverte, da comune mortale, l'impotenza davanti a qualsiasi soluzione
pier91  24/11/2012 17:30:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
No, non è una tua impressione