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I RACCONTI DELLO ZIO TOM regia di Harve Foster, Wilfred Jackson

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Dom Cobb     7 / 10  17/07/2018 19:04:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
In piena epoca della Ricostruzione, in una piantagione del Sud il bambino Johnny della famiglia dei proprietari incontra e stringe amicizia con il vecchio Zio Tom (Uncle Remus), figura paterna fra gli schiavi neri che usa raccontare le peripezie del furbo Fratel Coniglietto e le sue diatribe con Comare Volpe e Compare Orso...
La seconda metà degli anni '40 rappresenta per gli studi Disney uno dei periodi più difficili, ma anche uno dei più affascinanti: in seguito a pesanti flop, a scioperi e alle nefande tracce della Seconda Guerra Mondiale, Walt Disney fu costretto a correre ai ripari in modo da contenere i costi e salvare lo studio, già fortemente indebitato. Se sul lato dell'animazione ciò si vede nella produzione dei lungometraggi ad episodi, un altro frutto di questa nuova politica è il ripiegare sul live-action, più economico e veloce rispetto al medium animato, portando così alla nascita di un intero filone di lungometraggi dal vivo che ancora oggi costituisce una delle maggiori fonti di introiti dello studio.
In questo caso, la componente live-action del film è solo parziale, e come gli spezzoni animati che la accompagnano inserendosi continuamente nel ritmo del racconto è basata sui racconti di un tal Joel Chandler Harris, la cui serie di libri rese lo Zio Tom (Uncle Remus) e i vari personaggi animali fra i più popolari per l'infanzia. Ma al giorno d'oggi, il film è noto più che altro per gli accesi dibattiti, per le accuse di razzismo e di revisionismo, tali da aver dissuaso la stessa Disney a rilasciare il lungometraggio in DVD a livello mondiale.
Posso dire, a conti fatti, che "I Racconti dello Zio Tom" non merita affatto la brutta nomea che si porta dietro, né le numerose controversie: guardando al cinema disneyano, l'ultimo aggettivo con cui si potrebbe descriverlo è "politico", e di certo anche nel caso dell'adattamento dei libri di Harris doveva essere il caso. Quel che Disney aveva in mente era solo raccontare storie spensierate, capaci di toccare mente e cuore del grande pubblico senza sbilanciarsi sugli sfondi sociali e politici insiti nel periodo in cui la storia è ambientata. Anche al giorno d'oggi, è raro, se non quasi impossibile, trovare qualcuno fra i conoscitori del film che si scandalizzi di fronte a quanto viene rappresentato sullo schermo, e la mancanza di una release home video la trovo francamente un'esagerazione. Magari con una introduzione per spiegare il contesto del film e della storia, sono sicuro che non farà danno a nessuno.
Dico questo anche perché, tutto considerato, il film come prodotto d'insieme non vale la pena di tanta euforia da parte dei detrattori: di certo non è brutto, e la sua importanza per aver lanciato il filone live-action (nonché per aver valso all'attore James Baskett un Oscar speciale per la sua interpretazione, in un'epoca dove era ancora una novità assoluta premiare un attore nero in un ruolo di spicco) è innegabile. Ma a parte questo, è difficile trovare qualcosa al suo interno che lo renda un gioiello o un capolavoro.
Il problema principale, paradossalmente, è proprio la parte in live-action, che in teoria dovrebbe rappresentare il fulcro della vicenda: se si mette da parte la splendida interpretazione di Baskett, sornione e caloroso come non mai, per il resto ci si ritrova intrappolati in una sorta di soap opera melensa e che troppe volte si sbilancia eccessivamente sullo zuccheroso. Le idee di base per la storia di per sé non sono male,


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ma l'esecuzione è incerta e molto rozza, complice anche il fatto che nessuno degli attori (nessuno dei bianchi, almeno, e non per sembrare di parte o politicamente corretto) sembra essere pienamente convinto di quello che sta facendo, e che il lato tecnico non brilli, a dispetto della presenza di giganti in questo campo;


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in tal senso, si salvano solo le (brevi) scene di interazioni fra live-action e animazione, formalmente impeccabili. E in quanto alla celeberrima "Zip-a-dee-doo-dah", francamente non ho mai capito il motivo dell'assegnazione della statuetta: per me non è altro che una canzoncina carina ma dimenticabile, priva del mordente che mi aspetterei da un'opera da premio Oscar; molto più orecchiabile ho trovato in confronto la deliziosa "How do you do?".
A salvare letteralmente la baracca ci pensano gli episodi animati: nonostante siano caratterizzati da uno stile alquanto semplice e virante sul cartoonesco, in loro è insito un fascino, una passione e un'energia narrativa e comica capace di iniettare un po' di vita nella ora e mezza di durata della pellicola. I personaggi del coniglio, della volpe e dell'orso funzionano benissimo, supportati da un doppiaggio a tratti magistrale (Gianfranco Bellini, storica voce di Hal 9000, e Sergio Fiorentini, voce di Gene Hackman, fanno a gara a chi è più irriconoscibile), i tempi comici sono ben studiati e le idee di sceneggiatura, sebbene siano riprese dai racconti originali, non possono fare a meno di far nascere un ampio sorriso divertito.
Sebbene vi siano devoti da entrambe le parti pronti a difendere a spada tratta la loro posizione, "I Racconti di Zio Tom"non è né un capolavoro senza tempo, né un insulto razzista; è un film come tanti altri, con i suoi pregi e i suoi difetti, che una serie di bizzarre controversie ha reso più famigerato di quanto non sia; ma in parte, suppongo di doverne essere grato, perché senza tali dibattiti un film del genere non si sarebbe radicato così a fondo nella coscienza collettiva, nel bene e nel male, e sarebbe probabilmente finito nel dimenticatoio (per quanto sia possibile per un prodotto Disney). E ciò è un peccato, perché al netto dei problemi narrativi, vi sono alcune piccole perle in mezzo alla paglia e al fieno.