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AMOUR regia di Michael Haneke

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  04/11/2012 19:11:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sì è un gran film (9?) tuttavia il rigore espressivo e stilistico di H. - che aveva ytrovato complemento nel magnifico "Il nastro bianco", rischia qui di impaludarsi in un codice emotivo che esprime solo una parte delle sue verità (6). Non è neanche detto che debba esprimerle, a dire la verità. Ma il miglior Haneke capta la dimensione domestica degli anziani con la vera fobia, diciamo Polanskiana, del furto in casa, di diventare corpi e spiriti in mano agli altri (il rifiuto delle cure ospedaliere, fa parte della stessa prevenzione). Lo spazio indifeso è chiuso in un monolitismo che vive delle sue difese, mentre in Funny Games la famiglia non riusciva mai a proteggere se stessa. In effetti gli incubi di Georges e la sua idiosincrasia all'elemento "esterno" nello spazio domestico sono resi in maniera ammirevole, ma il rigor-mortis del decadimento fisico della moglie, tra le note di Schubert e un diario di vecchie fotografie, accelera più il processo della perdìta che l'angoscia per l'isolamento affettivo generato dalla morte imminente. Così il film nella sua veste spoglia e insistentemente (troppo?) autoriale non si priva di manierismi (v. i dipinti) che non avrebbero sfigurato nello spirito visionario e simbolista dell'americano Malick. Ci sono però momenti meravigliosi, come la visita del pianista sopraffatto dalla malattia di Anne, ma lascia cmq. perplessi la "cura d'amore" del consorte così ingenuo e caparbio nel voler occuparsi esclusivamente di lei (respinge le badanti) o stupisce la cecità nel confondere visione e dolore lasciando che il male fisico sia qualcosa che non va visto (cfr. chiude a chiave la stanza dove dorme la moglie). Non perchè non sia legittimo o comprensibile, ma perchè rischia di rimarcare la sua prevedibilità. Nel suo ossessivo rimando a Bergman e soprattutto a Dreyer, il Miracolo d'amore di Haneke ha il sapore di un beffardo esorcismo, di una rivelazione che vede la morte estinguersi. Come se fosse sacrificata al ricordo indelebile della vita che c'era, dell'esistenza che ha il dono illusorio ed egoistico di una promessa immortale. Ma del resto è destinato a fallire proprio per questo. Molti puntano al fatto che la rivelazione del dolore sia associata a una sorta di cinico distacco dalla vita materiale, come se tutto vegetasse con quello che resta e si estingue. Magari io avrò vanificato questa discesa borghese e non riesco a vederne il capolavoro, ma visto che trovo così tedioso e al tempo stesso devastante questo lento precipitare, il mio voto non può scendere da un faticoso ma doveroso 8
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  05/11/2012 00:09:07Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi permetto di dissentire completamente dal tuo commento, Luca, perché ha un terribile difetto-limite: emargina l'umanità che c'è in ciò che viene mostrato (pur nella cura maniacale, quasi manieristica, della forma). Avendo letto una intervista in cui Haneke ha dichiarato di aver costruito il film sulle conversazioni con la moglie riguardo un loro possibile fine-vita con menomazioni importanti, tendo a leggere il film in maniera decisamente più emotiva, anche perché sono stato e sono coinvolto tuttora nelle sue tematiche. E lì, Dreyer o non Dreyer, Bergman (dove?) o non Bergman, il film risulta inequivocabilmente un capolavoro. A meno di non volerne prendere le distanze per difendersene (cosa più che comprensibile).
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  12/11/2012 15:48:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi


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Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  13/11/2012 02:07:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi


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Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  14/11/2012 13:37:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi


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