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AMOUR regia di Michael Haneke

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Pasionaria     10 / 10  20/11/2012 22:26:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'ultimo film di Haneke mi ha toccato in fondo all'anima, perché mi ha fatto ritrovare sentimenti e frustrazioni legati a momenti personali di vita .
Nonostante questo o forse proprio per questa condivisione, l'ho vissuto e compreso totalmente, amato in modo viscerale.
Il realismo, marchio d'autenticità dell'autore, è perfettamente rappresentato dai particolari forse meno evidenti: sguardi che si spengono e che si riaccedono improvvisamente, piccoli gesti d'insofferenza seguiti subito da teneri atti d'amore, che vogliono probabilmente solo sbiadire, senza negare, l'umano senso di colpa, nostra inscindibile peculiarità.
Georges e Anne, musicisti in pensione, rappresentanti di una borghesia intellettuale, colta e benestante, percorrono l'ultimo sentiero della propria totale convivenza all'interno della loro casa, che diventa teatro della loro ultima sinfonia d'amore. Tutti gli altri, compresa la figlia, ne sono esclusi. Non capiscono, cercano di sfuggire il dolore o lo vogliono a tutti i costi risolvere oppure ancora se ne imbarazzano.
Georges e Anne no: affrontano insieme il "destino" con intelligenza, con dignità straordinaria e soprattutto con l'amore che li lega da una vita; osservano questo dolore, questo male che li avvolge, in modo affatto rassegnato, anzi lucido e spietato fino all'epilogo, simbolicamente riaffermato dalla metaforica sequenza del piccione.

Certamente "Amour" è un film triste, ma non deprimente, commovente per l'immedesimazione indotta da quello sguardo da voyeur che Haneke c'impone: entriamo nell'intimità dei due protagonisti con forza, dall'inizio, distruggendo il confine che separa il mondo esterno dal loro microcosmo di coppia, così fragilmente perfetto. Fin dalla scena iniziale, in teatro, Haneke sottolinea il nostro ruolo al di qua dello schermo, lo resteremo per l'intero film, inerti spettatori di
quel dramma umano così a noi vicino.

Umanamente superlativi i due protagonisti, soprattutto Trintignant, che solo il bel soggetto di Haneke, poteva convincere a tornare sul set, dopo anni di depressione per la violenta morte della figlia. Un dolore, il suo, che si è reincarnato in quello di Georges in modo così vero da lasciarci sbigottiti.
jack_torrence  12/12/2012 19:01:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ho prima scritto in bozza la mia recensione; poi ho letto attentamente tutti i commenti, con particolare attenzione quelli degli amici fra cui il tuo e quello di Pier91. Quindi ho affinato la mia recensione, stemperandone più punti e amplificandone altri.
E' un film che si presta a una lettura più intima e profonda aprendosi a quella che io considero una sensibilità "femminea" (non necessariamente esclusiva di donne o gay).

Trovo la nostra interpretazione molto affine, come mi hai scritto. Credo che divergiamo soltanto nell'interpretazione di quella scena chiave che è l'inquadratura frontale del pubblico (ma forse no; non mi è chiara la tua espressione "Haneke sottolinea il nostro ruolo al di qua dello schermo, lo resteremo per l'intero film, inerti spettatori di quel dramma umano così a noi vicino"). Secondo me non è utilizzata da Haneke per distanziarci, metterci al di qua dello schermo; al contrario, per portarci dentro, farci sentire osservati e come rispecchiati nello schermo. A me ha fatto provare una specie di vertigine, emotivamente (mi sentivo effettivamente scrutato da un'immagine riflessa); solo dopo ne ho provato un'elaborazione razionale come quella che ho scritto nella recensione.
Un abbraccio.
Pasionaria  12/12/2012 22:07:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Si, Stefano, ho notato anche io la sottile divergenza nell'interpretare la scena del teatro. Sai io una situazione simile a quella descritta nel film l'ho vissuta nel ruolo di figlia, ho compreso e rivissuto con dolore l'estraneità imposta dalla coppia a chiunque cercasse di "entrare" nella perfezione di quel rapporto di coppia. Secondo me, ne sono convinta, il regista ha sottolineato questa esclusione fin dall'inizio con la scena del teatro appunto. Noi voyeur di un dramma intimo, di cui possiamo sentirci partecipi solo emotivamente, di cui però restiamo passivi spettatori, anche se, come hai detto bene nella recensione, potremmo riconoscerci in quel dramma umano perchè potrebbe accadere anche a noi.

jack_torrence  12/12/2012 23:46:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Potrebbe essere che la tua interpretazione sia quella che Haneke ha inteso suggerire; sono naturalmente entrambe suggestive anche se opposte, e il film, che come ogni opera artistica vive nell'interpretazione di chi la fruisce, in questo caso le consenta entrambe... La tua, comunque, mi stimola. Te ne ringrazio...
Invia una mail all'autore del commento Sboccadoro  14/04/2013 16:30:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Speriamo che sia proprio l'ultimo film di Haneke...in questo caso de gustibus sputandum est
patt  21/11/2012 14:06:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
concordo, veramente bel commento Riti! io vorrei andarlo a vedere stasera ma sto lottando con un'amica che lo sente troppo depressivo, che palleee.. alla fine andrò da sola.
Gruppo STAFF, Moderatore Kater  21/11/2012 13:57:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Bellissimo commento Riti.
Ti giuro che ancora, quando penso ad alcune scene, mi viene il magone...
Pasionaria  21/11/2012 17:06:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi

Figurati a me, ho rivisto molto i miei genitori, gli ultimi anni insieme.
Haneke ha avuto una sensibilità unica nel cogliere certi particolari