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MAGIC MIKE regia di Steven Soderbergh

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7½ / 10  23/09/2012 21:10:10Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Miami è come Manhattan dopo una guerra nucleare", affermazione della cantante meglio conosciuta come Cat Power nel corso di un'intervista. Suppongo che valga lo stesso schema per tutta la Florida, dove è ambientato il film di Sodelbergh. Spiacente, ma non trovo nulla di patinato o ammiccante in questo film, a meno che non lo guardiate con gli ormoni in fermento, o magari con l'invidia verso chi ne fa un certo uso (ehm). Assunto come Manifesto dello strip-tease maschile (rispetto al Stripgirls di qualche lustro fa) è un film che al forte impatto visivo (i numeri sono, nel loro pessimo gusto, da antologia, è innegabile) unisce una certa amarezza di fondo, un'immagine di un'America in crisi dove l'unica sopravvivenza tangibile è la mercificazione del proprio corpo (v. Mike che sogna e tenta di diventare imprenditore). Il nuovo American Dream non passa più attraverso la carriera manageriale e le potenzialità creative dell'individuo. Si entra (o si esce) in questo vortice vuoto dove le donne in cerca di spicciole emozioni vengono definite "t.....", misoginia splendidamente sostenuta dalla sprezzante volgarità di Dallas-McConaughey e dal suo vaquo materialismo.
Sodelbergh rischia moltissimo, perchè costruisce sottotrame che puntano però solo a distrarre e a percepire soprattutto il valore voyeuristico della storia - e purtroppo si nota anche al cinema, che è come trovarsi in un'arena di show-man invasa dalle urla isteriche delle spettatrici (io sono rimasto tranquillo, vi giuro).
Ed è un peccato, perchè Magic Mike è tutto tranne un film falso e confezionato. Nelle esibizioni lievita un'enfasi erotica eterosessuale talmente caricata da non rendersi conto (o sì?) quando debba all'immaginario omosessuale. La sequenza della gita in barca su una spiaggia semi-solitaria sembra uscita dalle ossessioni fetish di Tom of Finland, ravvivata da una fotografia degna delle prime riviste erotiche a colori.
Il limite è forse tutto nel personaggio di The Kid, perchè è troppo indulgente, improbabile e repentina la sua trasformazione da ragazzetto ingenuo a spogliarellista sfacciato e pieno di vitalità.
Channing Tatum anima, dopotutto, un'America alla continua ricerca di Esibizione, quasi incapace di premiare un talento che vada oltre il lattex o i tanga esibiti in una trionfante ovazione di "easy money".
E a tutta la storia contrasta il volto rassicurante di Brooke alias Cody Horn (un'attrice da tenere d'occhio), quasi come un lume di speranza, attaccata più ai valori professionali - non morali, dopotutto - rispetto a quelli materiali. Ditemi se un film del genere merita di passare come un teatrino di corpi unti e (non so quanto) virili.
E' probabile che non abbiate visto lo stesso film.
Per quanto mi riguarda, "Magic Mike" conferma - dopo lo splendido e al solìto sottostimato Infection dello scorso anno - l'abilità di Siodelbergh di costruire una macchina di cinema di massa che è anche una riflessione sui vizi e virtù dell'Immagine