caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

IL SOSPETTO (2012) regia di Thomas Vinterberg

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
elio91     9 / 10  02/03/2013 00:05:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Questa faccenda del mentire e del dire la verità è una lunga storia, è meglio non azzardare giudizi morali assoluti perché, se daremo tempo al tempo, arriverà sempre il giorno in cui la verità diventerà menzogna e la menzogna si trasformerà in verità."
(José Saramago)




Quando a mentire poi è l'innocenza assoluta, trasfigurata nel visetto di una bambina che "non dice bugie", come tutti i bambini, l'affare si fa scottante.
Ed è un film coraggioso, Il Sospetto (ma meglio l'originale "La caccia") nel delineare un tema pesantissimo attraverso il "sospetto" di una tematica altrettanto tabù come la pedofilia.
Vinterberg dirige il suo lavoro migliore dopo essersi perso in seguito all'esordio Festen, e lo fa nella maniera migliore: caro alla scuola del maestro Von Trier, la trama è un pugno nello stomaco sferrato con ferocia inaudita e con un escalation di violenza e crudeltà che spesso possiamo osservare solo nel cinema norvegese dei cineasti Dogma (o ex tali). A Cannes quest'anno è passato un Haneke incontenibile altrimenti non ci sarebbero state storie da quel che ho visto: straordinario Mikkelsen (premiato al festival) che si scrolla di dosso il pur ottimo personaggio di Le Chiffre in Casino Royale per cui era universalmente noto.
Diretto e sceneggiato da qualcun altro sarebbe potuto venir fuori tutt'altra cosa: immagino un giallo costruito sull'ambiguità in cui solo nel finale veniamo a sapere dell'innocenza del protagonista, con intricati flashback e quant'altro. Vinterberg non ha alcun interesse in questo, ci introduce subito il protagonista e subito lo assolve rendendolo di fatto il personaggio più bello ed "eroico" dell'intera pellicola; non l'unico che si comporta in modo assennato (ma son pochissimi quelli che gli credono) ma proprio perché coinvolto in una vicenda più grande di lui e di cui non ha alcuna colpa, come da copione hitchcockiano, svetta la sua etica. Non si difende dalle accuse accusando chi l'ha messo nella situazione orribile come farebbero in molti al suo posto, non lo fa nemmeno il regista: i bambini, anche se bugiardi, sono assolti. Gli adulti e medio-borghesi proprio no, vengono fatti a pezzi contestualmente al loro comportamento ipocrita, rozzo, violento.
Potrebbe essere, questo gran film, un trattato di sociologia; analizza una comunità per allargarsi in fondo al mondo intero con una situazione molto più comune di quel che immaginiamo, cogliendo molti meccanismi della società fino in fondo. Ma non potrebbe essere un'analisi sociologica. Non potrebbe esserlo perché le forzature non mancano e sono volute, il regista spinge con forza sul sadismo spinto stordendo lo spettatore partecipe dell'inferno in cui il protagonista, suo malgrado, precipita.
Ed è davvero bella la metafora della caccia che si rifà al titolo originale. Quell'epilogo è costruito davvero molto bene, quelle occhiate, l'abbraccio con chi pur avendolo fatto piombare nel dolore non aveva colpa, poi lo sparo. L'avvertimento.





"Nessuna salvezza è sufficiente, ogni condanna è definitiva."
(José Saramago)
oh dae-soo  02/03/2013 19:04:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi avevi già fatto contento su Il segreto dei suoi occhi e La donna che canta, qui sono ancora più felice :)

ottimo commento come sempre per un autentico capolavoro

ciao boss
oh dae-soo  02/03/2013 19:06:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Altra cosa.
Ma solo io ho creduto che lo sparo nel finale sia stata solo una sua immaginazione?
A me piace pensar così, cambia tanto il finale.
Lui non ne uscirà mai fuori, non potrà mai fidarsi di nessuno, vivrà nel terrore.
elio91  02/03/2013 19:42:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie di cuore come sempre, Oh Dae. (Il tuo commento come al solito l'ho letto solo dopo ma non ancora in modo approfondito poco prima di commentare, ho avuto un pò da fare ma prima che posso lo leggerò del tutto).

Sulla questione dello sparo finale sono quasi d'accordo con te. Nel senso che me lo sono chiesto pure io se sia frutto della sua paranoia o meno. Ma il finale non cambia di una virgola (forse questo volevi scrivere), lui è segnato per sempre dal peccato che non ha mai commesso.
oh dae-soo  02/03/2013 20:26:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sì, ma un finale immaginato da lui è molto più forte secondo me e non è vero che non cambi il finale. Se avessimo le prove che il paese ancora in qualche modo lo "caccia" il suo inferno in qualche modo sarebbe senz'altro più oggettivo e reale, così Vinterberg ci vuol dire che in qualsiasi posto, in qualsiasi momento, in qualsiasi stato d'animo il demone di quello che ha vissuto può ritornar fuori.
Uno sparo vero renderebbe tutto un pò più fiacco e meno potente a mio modo di vedere.
elio91  02/03/2013 21:51:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Credo stia qui l'ottima intuizione del regista di non far vedere l'assalitore, controsole, come se chiunque potesse avere sparato. Anche qualcuno che non esiste che nella sua mente. è una grande allegoria della condizione del protagonista, come tale credo sia perfetta proprio perché ambigua.
dils  24/06/2013 09:51:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Complimenti per il tuo commento elio, davvero ben scritto e illuminante.
Belle anche le citazioni di Saramago..
elio91  24/06/2013 10:55:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie!