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WANG SIB RI, MY HOMETOWN regia di Kwon-taek Im

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Invia una mail all'autore del commento Elly=)     9½ / 10  01/11/2012 05:41:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Se un corvo si dipingesse di bianco, la pioggia laverebbe via tutto"

WANG SIB RI, LA MIA CITTA' NATALE è uno dei film più belli della decade '70 coreana, uno dei film che più ti fa emozionare e piangere, una malinconia intrinseca in tutto e dappertutto, una disperazione soffocante, un tormento interiore pressante, un passato che ritorna, un presente invivibile un futuro che se ne va.
Come prima inquadratura il regista ci mette in allerta facendoci vedere un aereo sotto le dolci note della colonna sonora che piano piano si trasformerà in un inno alla malinconia. Il film appartiene al periodo nero della Corea del Sud non solo per i temi trattati e la psicologia dei personaggi, gli ambienti e i messaggi ma anche perchè, ed è una cosa che ho cominciato a notare proprio con questo film, i maschi indossano la camicia rossa, anche se a dire il vero non ho ancora capito se ha un proprio significato o e solo un abbigliamento tipico di allora. Il montaggio è molto articolato e ricompaiono la fotografia scura e le inquadrature velate di rosso. Il protagonista è un personaggio malinconico e dopo molti anni torna nella sua città natale. Il motivo che l'ha spinto era principalmente riscoprire le sue radici, in realtà andrà incontro a qualcosa di più profondo. Rivede i suoi vecchi amici al solito bar dove andavano a giocare a biliardo quando erano ragazzi e scopre che a gestirlo è ancora il caro proprietario di tanti anni prima. Andandosene il protagonista pensava di poter cambiare la propria vita, di fare qualche cosa di grande, in realtà ben presto scoprirà che in realtà l'unico a non essere cambiato è lui. Chi più chi meno nel gruppo di amici ha fatto qualcosa nella propria vita, c'è chi si è sposato, chi si è laureato, chi ha avuto figli, ma a contrario di lui tutti loro hanno trovato la felicità. Nel frattempo conosce una prostituta, una mezza pazza, che diventa sempre più irritante e odiosa, tenendo conto che è terribilmente sola come il protagonista e non sa chi amare e con chi stare, diventando peggio di un parassita. Ma la botta finale arriva quando rivede la sua vecchia fiamma, sposata e con figli, capisce di averla abbandonata e di amarla ancora e dopo estenuanti giri di incontri, discorsi, emozioni dove nessuno dice quello che pensa, finalmente lui si accorge che pure lei è ancora innamorata di lui ma per tutta risposta gli dice che il treno è passato e non si può tornare indietro nel tempo. E non è tutto. Ill protagonista deve soffrire ancora, deve pagare per come si è comportato e così anche lo spettatore che lo segue in questo viaggio sospeso. Senza mezzi termini e filtri la metafora del corvo finale sbatte in faccia al protagonista la mera realtà, già compresa ma sempre ignorata e come un pugno nello stomaco la morale del film è che "siamo delle merde". Tramonto.