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DRUG WAR regia di Johnnie To

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Boromir     8 / 10  19/05/2023 16:50:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
A quindici anni dall'handover il grande noir hongkonghese ha ormai ben poco da spartire con la laconica epicità degli heroic bloodshed di John Woo ed epigoni, riflettendo invece tutta la sfiducia dell'ex colonia britannica verso la Mainland. Chiamato a girare un film sulla "guerra alla droga" direttamente nella Cina continentale, Johnnie To si presenta al pubblico con un piglio quasi inedito, dotato di una ferocia e di un distacco gelidi come un iceberg. Per quanto Drug War metta in scena meccaniche, doppigiochi e topoi del genere a conti fatti non nuovi, il regista evita ogni manicheismo e nega allo spettatore l'empatia verso i personaggi: i poliziotti si dimostrano talmente ligi ai meccanismi procedurali da sembrare quasi automi senz'anima, i criminali agiscono con violenza e vigliaccheria solo sulla base del primario istinto di preservazione (non a caso qualcuno ha avvicinato Drug War a The French Connection).
La regia di To si assesta su una sostanziale ortodossia formale, evita di trascendere il realismo e trattiene i virtuosismi; persino la palette cromatica virata in blu lavora in sottrazione sulle note di calore, lasciando a opache accensioni verdastre (i miasmi gassosi della metanfetamina) e cremisi (il sangue e le bandiere della RPC) il compito di veicolare il pessimista malessere delle vicende. Fra gli interpreti spicca l'ambiguo Louis Koo, nei panni del narcotrafficante collaborazionista; Honglei Sun non ha invece bisogno di presentazioni e dipinge perfettamente l'ottusa meccanizzazione del sistema. Su tutto pende come una spada di Damocle lo spettro della pena di morte: era troppo facile scadere nell'apologia delle esecuzioni capitali (o risultare quantomeno cerchiobottisti), eppure l'operazione di scarnificazione di ogni accenno d'enfasi, soprattutto sul finale, fa sì che il serpente propagandistico si morda la coda. Davvero notevole.