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LA MIGLIORE OFFERTA regia di Giuseppe Tornatore

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JOKER1926     8 / 10  01/09/2013 00:58:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La storia della cinematografia di Tornatore, abbastanza ampia ma non infinita, si determina su alcune date.
Accantonati i film commerciali o quelli "lievemente" sopravvalutati della regia italiana rimangono impressi quelli del 1986 ("Il Camorrista") e del 1994 ("Una pura formalità").

L'ultimo canto di Tornatore, l'ultima scia illuminante ed illuminata porta la data del 2012, "La migliore offerta" sancisce, con logistiche probabilità, il massimo dipinto su pellicola del regista. Neanche il tempo, campasse cent'anni Tornatore, può cancellare questa teoria che si formula alla base dell'ultimo film del produttore.

"La migliore offerta" ha tutti i requisiti per ancorarsi alle vette del sublime facendo sue tutte le peculiarità del successo, insomma il disegno di Tornatore si nutre di una serie di cose che nel loro insieme danno via ad un meccanismo di grandezza e raffinatezza.
La cornice, le atmosfere e i personaggi risiedono per sempre in quel carillon di armonia e di classe che non ha nulla a che fare con le recenti "abbuffate" di Sorrentino, qui i sensi di una regia esteta sono portati avanti con sagacia e con equilibrio. Equilibrio scaturito oltretutto da una trama ferrata e da una sceneggiatura troppo immensa da esser razionalizzata in due righe.

La vicenda ideata vede in scena un cinico ed insuperabile battitore d'aste (Geoffrey Rush in una prestazione pazzesca) alle prese con i ritmi frenetici di un lavoro appassionante ma stancante. Nel bel mezzo di una carriera spumeggiante e furbesca si presenta un'opportunità, quella di fare l'inventario in una villa avvolta in fascini remoti.
"La migliore offerta" inizia a potenziare le proprie pretese in una storia colma di sfaccettature ove i ritmi sono alti e le pause non esistono. Diventa sempre più arduo accollare un genere al prodotto cinematografico italiano, i generi si disperdono e si esaltano in un programma spiazzante che unisce a pesanti gittate sentimento, arte, enigma e drammaturgia. L'elaborazione correlata alla narrativa è veramente resistente, imbattibile. Una sceneggiatura di altri tempi , complessa ma fluida, si prende tutte le responsabilità e guida verso l'alto un film che in superficie, ma anche in penetrazione, non mostra affanni o nei. Il portamento di una sceneggiatura almanaccata quasi ai livelli di un brillante thriller riesce a spazzare via, in modo elementare, piccole (ma inevitabili) forzature, linfa effettiva di una pellicola mai paga di emozionare.
I personaggi che la vivono sono delicati, ambigui e carismatici. Geoffrey Rush che interpreta Virgil Oldman è il tratto peculiare di una personalità impenetrabile che subisce, ad un certo punto, quella stoccata di sentimento che lo invade e lo dirotta aldilà delle logiche. Personaggio che richiama il Titta di Girolamo (Servillo) ne "Le conseguenze dell'amore". Gli altri interpreti di Tornatore nel frangente recitano bene ma restano solo dei satelliti dell'ottimo Rush.

In tutto questo giro di clamore e di arte (fra musiche e scenografie) si aggrega una confezione di dialoghi di elevata caratura, si tratta di conversazioni psicologiche e profonde. E poi il simbolo (come l'automa) ad aggiungersi, in seconda battuta, ai dialoghi per comporre una poesia che non ha bisogno di versi e di penne, bensì di camera e di location.

"La migliore offerta" striscia nell'animo fino ad una parte finale che definire incredibile potrebbe superficializzare solo il concetto. Gli ultimi momenti sono gli attacchi di una squadra che gioca all'impazzata, il cuore batte.
La fotografia e lo stile (questa volta quanto mai asciutto e "cinico") del regista porta a cristallizzare sequenze e idee quanto mai artistiche e devote al concetto della memoria e ovviamente dell'amore. Titolo e dialoghi che dall'inizio alla fine (simulazione e autenticità) vanno a battagliarsi all'infinito, nel nome di un film che tocca i sensi , esaltandoli e distruggendoli, distruggendoli ed esaltandoli…