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NASCOSTO NEL BUIO regia di John Polson

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     5 / 10  18/03/2005 01:17:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Puoi starne certo, prima o poi tocca ad ogni attore di hollywood che si rispetti - come un'infausto destino - la sorte di rivendicare lo script tutto Anima-Paranor(i)ma Delirio e Follia lucifera. Molto rumore per nulla: Jack Torrance o Fuoco cammina con me (Twin Peaks)? Suggestione che passa dall'edificante Padre di famiglia a cui lo spettatore concede fin troppa benevola indulgenza davanti alla disperazione del suo destino, a un moderno Orco dei nostri peggiori incubi infantili... così De Niro è creatura transgenica che riesce miracolosamente ad apparirci "Umana" anche dopo il Delirio, almeno rispetto agli odiosi personaggi a cui in passato ci aveva abituato Non lavora per i soldi, come in Godsend, ma si fida (troppo) ciecamente di se stesso Più intrigante l'insolita precocità della bambina, con quel volto di donna agghiacciante il cui pallore mi riporta stranamente ai ricordi da feticcio musivo, alla sottile angoscia di una dark lady (evil woman?) nella cover dell'esordio dei Black Sabbath di Osbourne e iommi. Ecco ritengo che avrebbe potuto esaudirsi ogni cosa, avremmo trovato finalmente un geniale horror (ma io parlerei più di fanta-thriller) che esplora i confini della conoscenza nel difficile divario tra infanzia, preadolescenza e l'esplorazione di una simbiosi materna atrocemente interrotta... Ma non è così. Una volta dicevano "un clichè infastidisce, mille clichè commuovono", e si parlava di Casablanca, un classico del cinema per cui francamente non ho mai delirato In realtà il gioco è provvisto di un'etica citazionista che solletica, irride, spaventa (com'è giusto che sia) ma non è mai fonte diretta di piacere, come potrebbe essere un fumetto di Dylan Dog. La cosa pregevole del film è la capacità di non infierire più di tanto su effetti e ricatti emotivi, almeno fino a un certo punto: il bosco circostante è sempre una dimensione temuta, ma è un'effetto prevalentemente empatico-geografico ("I boschi mi hanno sempre fatto un po' paura") tuttavia Charlie non è altro che l'ennesima provocazione genetica del Male Domestico, e l'effetto fotografico gioca sì abilmente con i chiaroscuri, tra la paura del buio e la penombra, ma in quel tunnel irrazionale che è da sempre il vanto del classicismo dark esasperato fin dai tempi di Val Lewton Peccato, perchè gli ingredienti per una ricca porzione - a differenza del terrificante Godsend - c'erano tutti, a cominciare dal Vate Domine della psichiatria... Morale: la Mente dell'Innominato si sovverte quando il Malessere entra nella sua casa. Il film di Polson prova a sovvertire i clichè ribaltandoli, tra uomini dal ghigno rivoltante o tormentati dal dolore, ma poi tutto si perde in un'artificioso bazar mefitico di porte che sbattono, finestre spalancate dal vento, carillon litanici e bambole come ennesime predestinazioni di un'orrore intangibile (presenze impellenti quanto inquietanti), con quel tocco di grand-guignol in più Emily rispecchia l'interesse infantile per il corpo inanimato che una volta esaurito il suo compìto di compagno/a di giochi, è predestinato a occupare lo scaffale della camera da letto. C'è forse la fragilità dei rapporti mancati in questo tranche de vie che esprime il dissenso al buio e il rifiuto alla trasfigurazione macabra dell'oggetto/soggetto, al suo essere capro espiatorio convenzionale del genere horror Eppure il film non riesce a fungere diversamente da una spirale agghiacciante quanto la paura, ovvero quell'abitudine che abbiamo di giustificare l'angoscia a scapito di un ben più incoraggiante, ma ivi carente, rilettura autoriale Tentativo mancato di nobilitarsi.