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DEAD MAN DOWN - IL SAPORE DELLA VENDETTA regia di Niels Arden Oplev

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sev7en     5 / 10  09/04/2014 10:20:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il braccio destro di Alphonse, capomafia statunitense, cerca vendetta per la sua famiglia, trucidata dal suo boss ma durante la sua mission incontra Beatrice, femme fatale, che dapprima lo seduce per poi ricattarlo in cerca della sua liberazione.

Il regista svedese Niels Arden Oplev, dopo aver conquistato critica e pubblico mondiale con Uomini che odiano le donne, stacca il biglietto per il Paese dell'"Yes, we can", proponendo un thriller a metà strada tra Revenge e Drive con l'obiettivo di ammiccare tanto ai cavalieri solitari in cerca di vendetta quanto alle anime smarrite in cerca di pace.
Il tentativo, nonostante, o forse, un cast tutto sommato di spessore, con Colin Farrell nella parte di Victor, soldato d'elité ungherese novello Punisher di turno, e di una irriconoscibile Naomi Rapace, nelle peccaminose vesta di Beatrice (accento alla francese…), seduttrice e tentatrice, in quella dell'Eva del giardino dell'Eden, non porta a nulla di buono, confezionando un prodotto che si lascia guardare da inizio a fine ma che al pari di una scia di fumo, si dissolve rapidamente.
I punti deboli della pellicola sono molteplici e investono ogni aspetto della produzione poiché regista e sceneggiatore cercando di introdurre, forzatamente, spiragli di luce laddove invece vendetta ed odio dovrebbero farla da patrona, hanno minato tanto la credibilità di un uomo e di una donna, tenuti in vita solo dalla loro missione, quanto la possibilità che al di là della morte vi possa effettivamente essere una giustificazione, semplicemente, andando a "farla patta": occhio per occhio, dente per dente.
Un mosaico, la foto che, puzzle su puzzle, il killer fa comporre ad Alphonse mentre uno ad uno i suoi uomini cadono come foglie d'autunno, è l'emblema di quella messa in scena che la vita ogni giorno ci propone, con quegli alti e bassi che aggiungono e tolgono nel microcosmo e finiscono, in una visione macroscopica, nell'essere, "irrilevant". Qui la regia avrebbe dovuto infilzare la lama, sciogliere quel burro così friabile e pur consistente tra la narrazione e la semplice riproposizione, andando a sondare lo stato d'animo e la psicologia di chi, lacerato interiormente, è tenuto in vita da una macchina alimentata da solo odio, e si arroga il diritto di un Dio sulla terra, in grado di definire data e ora per il passaggio a, si spera, peggior vita. Ciò che invece traspare è semplicemente un piano da mettere in pratica tra una sparatoria e l'altra, con una Naomi che di "rapace" conserva giusto il cognome e che anziché proporsi come complementare alla visione di Victor, va ad aggiungersi in una somma distruttiva, una voce sopra l'altra, determinando una babele indecifrabile.
Il vero cattivo di turno, il boss mafioso, appare, paradossalmente, come la vittima sacrificale di questo macabro banchetto, suscitando tanto simpatia per l'imbarazzo con cui, inerme, si trova dinanzi all'uomo senza nome, quanto per l'inettitudine di una gang che, neanche ci fossero berretti verdi in campo, qualche colpo a segno almeno avrebbe dovuto assestarlo…
Il risultato è quindi un film che ripropone ricette già viste, con ingredienti da banco frigo che pur riscaldati a temperature da altoforno non toccano né cuore né ragione, portando invece a rispolverare vecchi titoli come il già citato Revenge.

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