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UN GIORNO DEVI ANDARE regia di Giorgio Diritti

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amterme63     7 / 10  14/04/2013 21:43:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il film è interessante con spunti di riflessione, peccato che a volte fatichi molto a progredire, dando l'impressione di staticità e ripetizione. Non tutti i personaggi poi sono adeguatamente presentati e spiegati. La recitazione di Jasmine Trinca a mio giudizio lascia molto a desiderare. Molto buona invece la regia di Diritti.
Il tema principale del film è il confronto/contrasto fra il modo di vivere occidentale (ricco, stabile, regolato, freddo, distaccato, individuale, formale, ma anche doloroso e dissociato) e quello degli indios della foresta amazzonica (povero, semplice, sorridente, spensierato, spontaneo, comunitario, libero, ma anche miserevole, instabile, difficile e destinato a soccombere all'avanzare del "progresso").
C'è poi il tema religioso, su come si possa realizzare in concreto un'esistenza in nome di Dio.
Il punto di vista nel film è quello di Augusta, una giovane donna fuggita dall'Italia Settentrionale (Friuli?) dopo che ha saputo di non poter avere bambini e che cerca nella foresta amazzonica nuove ragioni e stimoli spirituali per vivere (ma la questione è poco chiara perché Augusta non spiega, né motiva mai la scelta, né esprime compiutamente il suo pensiero).
Diritti cerca però di mantere equidistanza fra le diverse "posizioni" espresse nel film. L'opzione cattolica militante (rappresentata dal personaggio della suora missionaria Franca) è fatta apparire a volte come prevaricante, formalista, opportunista; altre volte invece (grazie a suggestive immagini panoramiche dall'alto) si ammira il coraggio, la forza, la fede. Il mondo degli indios è quello trattato con maggiore simpatia e adesione, non mancano però accenni alla sporcizia, alla precarietà, alla delinquenza, alla promisciutà e soprattutto al desiderio stesso degli indios di vivere come gli occidentali, distruggendo di fatto il loro tessuto vitale. Augusta cerca di integrarsi in questo mondo, ma non ci può riuscire, è pur sempre un'estranea, tanto più che viene accusata di negare se stessa ("sembri un maschio", le risponde un indios).
Il film finisce senza dare alcuna risposta. Augusta stessa finisce in una specie di vicolo cieco, un'impasse. Di fatto approda a una religiosità di tipo eremitico e contemplativo. Manca però realismo e profondità nelle scelte di Augusta, anche perché Jasmine Trinca non riesce a dare al personaggio convinzione ed espressione.
Diritti sceglie poi un sistema un po' strano di progressione scenica. Si tratta di una successione serrata di piccole e brevi scene, spesso con dissolvenza incrociata fra il Brasile e l'Italia, con inserti contemplativi della natura dei due paesi. Inoltre evita accuratamente ogni spunto drammatico. Sembra che possa succedere qualcosa e invece non succede mai niente. Questo sistema molto ellittico di narrazione rende bene l'idea generale del contrasto fra vari modi di vivere, ma non approfondisce o spiega i singoli personaggi.
Il film si distingue per le immagini molto belle e suggestive.
Insomma lo spunto era buono, peccato non sia stato adeguatamente rappresentato e sviluppato.