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WOLVERINE: L'IMMORTALE regia di James Mangold

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Dom Cobb     9½ / 10  12/02/2014 23:48:55Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Distrutto a causa della morte dell'amata Jean Grey, che è stato costretto ad uccidere, Logan ha scelto una vita appartata e solitaria, ripudiando il suo nome da mutante Wolverine e facendo voto di non fare mai più del male a nessuno. Tormentato da incubi in cui la sua amata lo invita a raggiungerlo e sofferente nell'animo, viene raggiunto una notte dalla misteriosa Yukio, inviata da una vecchia conoscenza di Logan, il miliardario Yashida, la quale gli chiede di raggiungere il suo capo a Tokyo, in modo che il vecchio morente gli possa dire addio. Con riluttanza, Logan accetta, ma non appena arrivato verrà coinvolto in una girandola di inganni, tradimenti e sanguinosi scontri che hanno a che fare con la graziosa nipote di Yashida, Mariko, ma soprattutto, con lui stesso...
Leggendo molti dei commenti di questo sito, ma anche giudicando l'accoglienza generale che il pubblico nostrano ha riservato a questa pellicola, sono sinceramente sorpreso dalle gelide reazioni che suscita. Le persone parlano di scarsezza di azione, di troppe scene parlate o di una lentezza esasperante dello svolgimento narrativo di una trama prevedibile. Forse sono io ad essere strano, ma per me, questi sono tutti punti a favore, e il film stesso rappresenta un vero colpo gobbo. Perché fra questo film e quell'autentico obbrobrio sulle origini di Wolverine (quest'ultimo con una media scandalosamente alta) non c'è il minimo paragone.
Innanzitutto, è bene stabilire che, nonostante la (quasi) assenza di sangue nella maggior parte della pellicola, questo lungometraggio è in assoluto l'episodio più dark, più cupo e crudo di tutta la serie fino a questo momento, e forse proprio da questo deriva la maggior parte dei meriti che lo rendono, a mio parere, anche il migliore della saga degli X-Men. La trama stessa, pur tirando in ballo nel climax elementi puramente fantascientifici e "fumettosi",


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si dipana fra Yakuza, multinazionali, scontri generazionali, dissidi e altre cose simili; insomma, non roba da minaccia contro il mondo intero, ma una storia molto più intimistica e "in piccolo". E il regista James Mangold (già autore di quel gioiello che è "Quel treno per Yuma") coglie l'occasione di sfruttare tutte queste caratteristiche al meglio.
Proprio la regia è il punto forte del film: non che la pellicola sia zeppa di inquadrature da Oscar o di momenti di puro Cinema (è matematicamente impossibile che un film della Marvel possa addirittura immaginare di aspirare a tanto), ma la passione di Mangold per la propria opera, la sua ossessione per ottenere il risultato migliore possibile è tale da essere palpabile. Di conseguenza, i momenti più intensi vengono infusi di un pathos che i film precedenti si possono solamente sognare. Tale è l'abilità e la passione del regista da coprire alcuni dialoghi un po' troppo semplicistici di una sceneggiatura che, nonostante tutto, non si limita a fare il compitino e mantiene l'attenzione su ciò che è davvero importante in una storia: i personaggi e i loro dilemmi. Questo è ciò che Origini sarebbe dovuto essere, ed è tutto merito del connubio di un regista con i fiocchi e di un paio di sceneggiatori che hanno avuto la decenza di rimboccarsi le maniche e prendere la faccenda sul serio.


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E' vero che l'azione non è onnipresente, in effetti direi che nella parte centrale lascia del tutto il posto a una scena dialogata dopo l'altra, ma ben vengano queste ultime se servono a dare ai personaggi qualche sfaccettatura in più. Se ci fosse soltanto azione, che genere di personaggi volete che ci siano, se non unidimensionali e poco interessanti? Con buona pace dei fan del fumetto, che dei personaggi conoscono già tutto, ma un non-fan ha bisogno se non altro dei fondamentali per relazionarsi, e limitarsi a riguardarsi i film vecchi non è abbastanza per farlo. Perciò, non capisco le critiche di chi trova la mancanza di azione un difetto, perché a mio parere è un pregio: tutto il contrario della saga dei Vendicatori, che ultimamente ha iniziato ad anteporre lo spettacolo ai personaggi.
L'azione stessa, tra l'altro, supportata dagli esotici esterni nipponici e, all'occorrenza, da superbi effetti speciali, quando ci sono, sono realizzate divinamente, con mestiere e senso del ritmo, e l'equilibrio con i momenti più calmi e riflessivi è perfetto.
Passando al cast, oltre al solito Hugh Jackman, che ormai del suo Logan ha capito proprio tutto, si segnala un ottimo cast di comprimari locali, in grado di crearsi un'identità propria, non solo di fare da mero contorno, per quanto alcuni siano un tantino sottosfruttati. C'è anche posto per qualche comparsata della Jannsen nelle sue eteree apparizioni nel ruolo di Jean Grey. Per il resto, si segnalano un'ottima fotografia, delle eleganti scenografie, un montaggio che non sbaglia un'inquadratura e delle musiche mozzafiato di Marco Beltrami.
Che altro resta da dire, se non che si tratta di un film tutto da godere? Tra l'altro, un blockbuster hollywoodiano mainstream che riserva tanta attenzione ai contenuti oltre che alla forma (una caratteristica molto peculiare dei registi a basso profilo, come Mangold) è una cosa molto rara da trovare al giorno d'oggi.

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