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THE GERBER SYNDROME - IL CONTAGIO regia di Maxi Dejoie

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7 / 10  19/02/2015 12:09:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Solito film catastrofico con pandemia dilagante a livello globale? Mockumentary in cui le sequenze diventano incomprensibili quando l'azione si fa più concitata e l'angoscia dovrebbe salire?
Niente di tutto ciò, "The Gerber Syndrome" è un signor "falso documentario", un prodotto realizzato con una manciata di denari ma maledettamente efficace. Questo perchè riesce a trasudare realismo, un po' grazie alla spontaneità di alcuni attori, un po' per le idee del regista/sceneggiatore Max Dejoie, il quale tramite una serie di interviste pone l'accento su chi si danna per curare la malattia o chi invece è incaricato di contenerla con ogni mezzo.
E' interessante il punto di vista offerto dal regista, bravo a solleticare riflessioni sociali e morali. Pone interrogativi e soprattutto crea una realtà in cui contrastare il morbo equivale a reprimere senza pietà, con i malati abbandonati a loro stessi, utilizzati come cavie all'interno dei centri di contenimento, sorta di lager ospedalieri da cui è impossibile uscire.
Dejoie immagina un possibile futuro oppressivo toccando marginalmente situazioni terrorizzanti o sanguinose; segue un medico al capezzale di una contagiata, con la troupe a riprendere il calvario fisico della giovane e quello psicologico dei famigliari, in parallelo pedina un agente del CS (Centre Security) che bardato come un celerino e dotato di bastone stile accalappiacani, gira nella notte torinese alla ricerca di infetti da catturare mentre ostenta la sicumera del bulletto di periferia.
La scena dei motociclisti vigilantes appare forzata -possibile in uno scenario così esasperato ma poco coerente- altrettanto discutibile è la presenza delle telecamere nell'abitazione dell'infetta mentre i genitori si trovano a vivere un dramma così privato, stesso dicasi per la concessione alle riprese nel CS, molto lontano dall'essere un centro di villeggiatura.
Escamotage narrativi tutto sommato perdonabili; qui ci sono idee e capacità di un certo livello, da tempo difficilmente riscontrabili in un horror italiano.