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LA GRANDE BELLEZZA regia di Paolo Sorrentino

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Blutarski     7½ / 10  27/10/2013 14:28:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
C'è ancora spazio per la sensibilità? È quello che implicitamente Jep Gambardella e per il suo tramite Sorrentino stesso si chiedono disperatamente. La citazione de À la recherche du temps perdu è fin troppo esplicativa sull'obiettivo principale de La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino: un'agiografia del tempo cinematografico (e artistico in genere) perduto, dei santi del cinema, della letteratura e dell'arte e del loro pelligrinaggio personale verso la grande bellezza, l'idea di costante e a volte dolorosa (le immagini della santa allo stremo che si avvinghia alla rampa di scale che conduce alla cappella) ascesa verso il bello, la tensione costante verso i rari momenti di perfezione della vita. A un certo punto del film mi ha colpito la frase di Verdone, a conclusione della piece teatrale, ovvero perchè non ci può essere più spazio per la nostalgia? Perchè i nostri tempi la respingono? Il film ricco di artifizi retorici, citazioni e ricami di tempi letterari e cinematografici che furono, prende spunto per la sua riflessione dal perfetto affresco che Sorrentino fa dell'arte contemporanea, un coacervo effettivamente ridicolo di personaggi inconcludenti che trovano la loro vocazione artistica e prosperano nella continua negazione dell'arte stessa, in una patetica autoreferenzialità. A ben vedere però non c'è una così netta cesura, i nostri tempi sono figli dei tempi passati. Più che la nostalgia mi sarei aspettato una presa di posizione da Sorrentino. Bisogna spiegare perchè tre tagli sulla tela di Fontana o una colata di cemente di Burri, sono a ben vedere arte contemporanea e di concetto, mentre una ragazza che batte violentamente la testa contro una colonna non lo è. C'è qualcosa di non detto, solo accennato tra le righe forse per la vergogna stessa della contraddizione o peggio incoerenza del dirlo in un film che vuole prepotentemente urlare la propria autorialità, ovvero: l'arte è forse morta? E credo che sia questo il vero difetto di questo film che pur stilisticamente perfetto si rifiuta di rispondere a questa domanda, un rifiuto che sembra piuttosto una negazione. Perchè diciamola tutta, il film sembra fin troppo echeggiare Otto e mezzo di Fellini, sembra volersi cristalizzare in un passato a cui non appartiene per poi far dire, in maniera abbastanza ipocrita e falsa, a Jep Gambardella "è meraviglioso il futuro". No, il futuro è piuttosto cupo, frantumato, poco originale, dove tutto ciò che conta sono i "15 minuti di celebrità" di Warhol che è stato uno dei primi a capire la stagnazione dell'arte, un futuro la cui prevedibilità è spezzata solo dalla morte, è la continuazione di quel "blablabla" sotto il quale si manifesta realmente la vita. Se non per questo, perchè allora tutti i personaggi sembrano afflitti dalla domanda: Gambardella, perchè hai smesso di scrivere?