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LA GRANDE BELLEZZA regia di Paolo Sorrentino

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7 / 10  13/11/2013 10:37:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La vacuità dei salotti romani sembra aver fagocitato da tempo ogni estro creativo di Jep Gambardella. L' ex enfant prodige della letteratura italiana vive adagiato sugli allori conquistati col suo primo ed unico romanzo, pubblicato ormai quarant'anni prima.
Una vita spesa di notte tra feste in tributo all'idiozia e futili chiaccherate in lussuosi salotti; da ciò nasce l'unica certezza di Jep, ingranaggio di quel ributtante circo ed al tempo stesso in grado di comprenderne la pochezza. Gli fa difetto il sacro fuoco, spento da un'indolenza che lo coccola nei rassicuranti confini di un tran-tran talmente rigido da non permettergli sentimenti di passione all'infuori di quelli provati, una vita fa, per Elisa.
Il solito grande Toni Servillo interpreta alla perfezione l'arguto regnante adeguatosi alla dabbenaggine del suo popolo, non privo di quell'umanità che emana quando incrocia persone che non siano le solite figurine monodimensionali fatte di ipocrisie e labile apparenza. L'amicizia con l'ingenuo Romano e la curiosità verso la burrosa Ramona (molto bravi sia Verdone che, incredibilmente, la Ferilli) indica che sotto la cenere qualcosa ancora cova.
Eccessivo e sovraccarico l'ultimo film di Paolo Sorrentino sembra essere un monumento fastoso con qualcosa di sgraziato; lascia perplessi ed ammaliati al tempo stesso. La confezione è artificiosa, fin troppo studiata nel minimo dettaglio, ogni inquadratura è sublime ed esagerata. Altrettanto ricercati la splendida fotografia ed il montaggio, la tecnica quindi si adegua a quel mondo ingannevole con risultati spiazzanti, forse perchè il troppo nausea pur se apparecchiato mirabilmente.
Sottilmente esibita l'ironia, tramite maliziose sentenze che delimitano bene il buco nero in cui la mondanità romana è precipitata da tempo. Un microcosmo di pochi eletti ravvivato dal vivace eloquio di Jep, sempre lucido e compiaciuto nel bearsi illuso di non esser assuefatto a quel modus vivendi. Per poi accorgersi però, che quell'esistenza leggera, gli ha consumato ogni sogno, ogni aspettativa, lasciandogli ormai pochi spazi da doversi sfruttare al massimo.
Ma il destino lo attende al varco e la nostalgia lo divora; nel frattempo Sorrentino continua imperterrito nei suoi arabeschi fatti di scene frammentarie, di inserti improvvisi, di momenti surreali, di religione che a contatto con la libidine capitolina è ridotta a una parata di vip in abito talare.
Film ambizioso a dir poco "La grande bellezza", a tratti colpisce nel segno, spesso cede ad una pesantezza derivante da un senso di compiacimento palese che sembra sfociare in qualcosa di non perfettamente compiuto. Non lascia indifferenti comunque, e quel moto di malinconia verso il passato che non c'è più (o forse non c'è mai stato) è impossibile da non condividere.