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IL CASO KERENES regia di Calin Peter Netzer

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dubitas     7½ / 10  06/08/2016 14:08:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Telecamera un po' instabile, ritmo lento (ma mai soporifero) sono mali necessari che lo spettatore dovrà sopportare se vuole godersi "Il caso kerenes', un gioiello nascosto nella selva di pellicole banali e piatte che l'attualità ci propina.
Perché, volendo ammettere il carattere ''atipico'' di un film che sembra mostrare, in tutto e per tutto, una visione diversa di ciò che è il cinema e di ciò che dovrebbe rappresentare, probabilmente ricollegabile alla tradizione cinematografica rumena, non si può rimanere indifferenti di fronte all'abilità di analisi psicologica con cui Netzer ci fa conoscere il rapporto tormentoso madre-figlio.
Cornelia non è una madre ''dispotica'', come qualcuno l'ha definita : è una madre apprensiva fino all'estremo, pronta a corrompersi pur di salvare l'unico granello di felicità che le rimane : suo figlio. Qualcuno potrebbe ritenerla il simbolo di un'alta borghesia che, cinicamente, cerca di anteporre ai sentimenti l'illusione delle apparenze e l'ostentazione dei beni di lusso : è l'impressione iniziale, che si può ricavare da una visione non troppo attenta. Nel suo sguardo e nella rivelazione delle sue debolezze è possibile intravedere il suo carattere ''troppo umano'', un ' umanità fragile e piena di sensi di colpa, che vorrebbe solamente il bene, ma si trova a dover fronteggiare l'ostacolo di un figlio apatico e incapace di recepire il suo affetto e una verità spiazzante, tragica che nessuna promessa in ''denaro'' può cambiare. E' in questo conflitto, continuo, in cui lo spettatore non può che immedesimarsi, che consiste il carattere ''tragico'' del ''caso kerenes'' : avvertiamo, fin da subito, l'ineluttabilità del destino, l'incapacità di fronteggiarlo, nonostante ogni sforzo.
L'ambiguità del finale rivela l'irremovibilità del conflitto e del dolore : un dolore condiviso, anche quando è taciuto, soprattutto quando ad esso si associa la vigliaccheria di coprirsi il volto per non vederlo e per non sentirlo.