kowalsky 9½ / 10 20/05/2007 01:34:30 » Rispondi E' così scomodo e spiazzante (chiamiamola pure "impotenza") dover parlare a distanza di anni di un film visto più volte, e che mai più da almeno una quindicina d'anni, ho avuto modo di rivedere. Di un film che ha tanto diviso gli esegeti cinefili, che hanno preferito scomodare l'ideologia e l'invettiva sociale di Chaplin v. Verdoux piuttosto che appassionarsi a questo film (come se parlare dello spettacolo e del duopolio tra successo e declino non sia ugualmente una parabola sociale). E ok, il film commovente, struggente, per qualcuno (sempre gli stessi) abilmente gratuito nell'emozionare gli spettatori, e lontano da una vaga risonanza con le precedenti, corrosive opere di "impegno". Invece il film è un'ennesimo Capolavoro senza tempo, che restituisce al cinema la dimensione ricca e umana dell'emozione e della rappresentazione umana della vita della morte della sofferenza e del successo del passato. Pensiamo all'ultima beffa: lo spettatore ride di un'evento tragico, senza saperlo. Consegno perciò mezzo punto in meno per l'irriverenza amarezza di quel sorriso, pronto a consegnarsi all'eternitò, per nulla timorato dal realismo facile e dolciastro di Calviero, che io vedo tuttavia come una maschera di immenso dolore. La presenza dell'alter-ego (dai più preferito a C.) Keaton conferisce un tono ancora più emblematico alla vicenda, come se si chiudesse per sempre il sipario sulle nostre labili emozioni
Napoleone 20/05/2007 19:46:05 » Rispondi Mi vedo perfettamente concorde con il tuo giudizio: numerosissimi cinefili e critici, adducendo il fatto, cronologico, che tale film fosse ormai al di fuori del ciclo propriamente chapliniano , l'hanno liquidato come opera minore. Ce ne fossero di opere minori di tale calibro!