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THE WALL (2012) regia di Julian Pölsler

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7½ / 10  06/06/2018 09:58:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'agonia di un capriolo colpito a morte suona come monito per combattere senza cedere alle pericolose lusinghe della depressione e della sconfitta. Per poter sopravvivere urge darsi da fare, per non morire lentamente ogni giorno serve trovare obiettivi, soprattutto quando si resta inspiegabilmente isolati dal resto del mondo. È ciò che succede ad una donna senza nome, confinata da pareti invisibili in una lussureggiante valle delle alpi austriache con la sola compagnia del cane Luchs e di altri animali. Saranno proprio le esigenze dei suoi compagni di sventura a fungere da grimaldello per allontanare la disperazione sostituendola con una seppur confusa accettazione.
Dotato di una colonna sonora essenziale "Die Wand" vede una sola attrice portare su di sé l' intero peso del progetto, Martina Gedeck racconta lo scorrere dei giorni attraverso la stesura di un diario ovviando così, tramite voce narrante, all' assenza di dialoghi.
L' idea di partenza avrà fatto pensare ai più a "The Dome" di Stephen King, in realtà la fonte di ispirazione primaria è un romanzo di Marlen Haushofer che già negli anni 60 aveva pensato ad una simile situazione da incubo.
L'ampiezza del paesaggio limita il senso claustrofobico ma fomenta la solitudine, le mai banali riflessioni della protagonista ci guidano in un mondo in cui la natura segue un proprio imperscrutabile disegno, all' interno del quale solo l'essere umano può decidere come agire e di conseguenza se attuare il male per esigenza o sadico piacere. In questo senso è significativo l'incontro con un uomo nelle stesse condizioni della protagonista, mentre l' isolamento, attenuato a tratti dalla presenza degli animali, si fa a tratti feroce, spingendo a discernere il superfluo e l'essenziale, il sentimento positivo e quello nocivo.
Pellicola di grande impatto visivo per via dei cangianti scenari naturali (pacificanti nei periodi caldi, minacciosi in quelli invernali), elude il rischio torpore per mezzo di una costruzione in cui il senso di smarrimento si fa razionalità, con conseguente felice introspezione sulla natura umana e sui sentimenti di cui essa è depositaria.