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DESERTO ROSSO regia di Michelangelo Antonioni

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amterme63     7½ / 10  13/02/2014 22:07:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Deserto rosso" è il primo film di Antonioni che non mi ha convinto del tutto. Se si deve accusare Antonioni di intellettualismo e manierismo, allora secondo me è proprio a causa di questo film. Ci sono diversi elementi che non girano alla perfezione o almeno che non riescono a trasmettere con efficacia e immediatezza gli importanti messaggi esistenzialisti che caratterizzavano i film precedenti.
Nei film dal "Grido" a "L'eclisse" il/la protagonista erano persone tutto sommato normali, terra terra, che soffrivano ed erano dilacerati interiormente, ma che comunque vivevano in una dimensione quotidiana e ordinaria ben riconoscibile e condivisibile. I loro pensieri, le loro vicissitudini potevano essere sentiti come esemplari e quindi agevolmente compresi
In "Deserto rosso" la protagonista è una persona un po' fuori del comune, speciale, chiaramente malata e sofferente di depressione. La sua esperienza viene sentita come appartenente a circostanze particolari, non generalizzabile.
Questo sminuisce molto l'efficacia del film, in quanto Antonioni con la vicenda drammatica e penosa di Giuliana voleva probabilmente rappresentare uno stadio ulteriore dell'alienazione e della spersonalizzazione imputabile alla società moderna, quello della sofferenza manifesta e fisica. A tal fine sono eloquenti gli ambienti e le scenografie scelte per rappresentare il mondo in cui vive Giuliana (grigio, estraniante, incombente, molto poco umano). La stessa colonna sonora a volte dà alle immagini e alle situazioni una patina di forte disagio, quasi di orrore.
Non facilmente comprensibile è la scelta di virare la colorazione degli oggetti comuni in maniera così innaturale. C'era l'intenzione probabilmente di suggerire che il mondo in cui viviamo è assolutamente artefatto e caricato, frutto della nostra psiche condizionata. Solo che stona il fatto che vengano usati colori squillanti e perfetti (verdi, rossi, gialli, viola, ecc.), i quali danno in genere un'impressione positiva quasi allegra agli ambienti e su chi li osserva. Fa un po' impressione vedere in un anonimo spazio industriale dei bidoni coloratissimi. Ci si chiede perché, che senso ha? Certamente il senso c'è ma non è agevole collegarlo al resto del film. Insomma questa saturazione coloristica impressa alle immagini del film sembra un po' fuori contesto, almeno io ho avuto questa sensazione. Dà quasi l'impressione di esercizio intellettuale.
Monica Vitti fatica un po' a dare a Giuliana tutta la drammaticità, la sofferenza, il fortissimo disagio interiore che la sua vicenda comporta. Dà il meglio di sé quando è "normale". Mal recitato e incomprensibile è invece il personaggio di Corrado. Cosa lo spinge ad attaccarsi e a interessarsi a Giuliana, nonostante sappia che è malata? Perché quando questa gli chiede di aiutarla, lui invece la possiede fisicamente? Pensa di aiutarla in questa maniera? Insomma il suo interessamente è contraddittorio e poi non si capisce bene lui stesso che tipo di persona sia, cosa voglia, cosa cerchi. Tra l'altro Harris è troppo inglese per fare la parte di un triestino trapiantato a Milano.
Cosa rimane quindi del film? Rimane la sua splendida forma, il modo mirabile in cui è girato, con cui i personaggi e gli oggetti sono ripresi. E' solo grazie alla bravura di Antonioni che il film può essere apprezzato, secondo me.