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VENERE IN PELLICCIA regia di Roman Polanski

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6½ / 10  22/11/2013 01:31:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La prima cosa che sorprende è la somiglianza fisica di Almaric con il Polansky di venti anni fa, ma questo lo sapevamo già... strapiace questo saccheggiare a mò di libero adattamento il testo di Von Masoch, la cui modernità è inversamente proporzionale alla sua riuscita. Il film nella prima parte è perfetto perché si crea quella tensione erotica perversa e letteraria per cui giustamente riversiamo onde di nostalgia verso quei tempi in cui l'eros era ampiamente suggerito dai dialoghi e non dalle degenerate vesti di un film hardcore. Gli attori sono davvero bravi, la Seigner in particolare ha ancora eros da vendere, e la fotografia illumina un proscenio vuoto dove sotto sotto si celano insospettabili tributi al cinema di Ophuls, di Micheal Powell, magari perfino Marcel Carnè (v. epilogo).
Il problema è che il cinema che funge da accomodamento per il restyling teatrale di un'opera letteraria finisce per diventare un pretesto piuttosto narcisista, e alla lunga poco affidabile. Qui si racconta oltretutto l'empatia repressa, diciamo Schnitzleriana, verso quel Doppio (sogno, incubo) che diventa l'estatica dimensione della razza umana.
Va tutto bene, perché il film è impeccabile, ma si giostra su schemi troppo risaputi e, verso la fine, monoliticamente teatrali. Sicuramente meglio allora una riflessione sul cinema come quella fatta da Leo Carax, rispetto agli standard cerebrali e ammiccanti del sadomasochismo di Polanski