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IN SOLITARIO regia di Christophe Offenstein

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6 / 10  24/11/2013 02:49:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Piace un sacco ai francesi questo tema dell'immigrazione che cerca la sua terra promessa (che in altri tempi non si chiamava Francia), per quanto sia irraggiungibile e distante per tutte le etnie del mondo. Forse per la loro coscienza basta un ritratto appena un po' edificante del ragazzino che sogna un medico "vero" e qualche malattia occidentale (!). A parte questo, mi è difficile comprendere tutta questa tendenza del cinema di narrare le fatidiche imprese dell'uomo davanti alla sua fiera e univoca personalità. Siamo di fronte a un film ora godibilissimo - soprattutto visivamente - ora improbabile (v. la malattia via mare e la sua diagnosi, oppure Yann che trasporta una donna della gara in difficoltà senza suscitare la minima gelosia della compagna). Bravo come sempre Cluzet a inasprire il suo personaggio, che in ogni caso nasce per suscitare empatia nello spettatore, le stesse aspettative che si hanno nei confronti di un fuoriclasse del calcio davanti a una partita strategica. Non a caso, il vero proprietario della barca, alleato sempre più avversario, viene calcato in uno strano alone di mera antipatia.
E' chiaro che il progetto restringe ogni possibile direzione sociale a favore di un'impronta rassicurante, per non dire buonista, della storia. E se non si hanno pretese ideologiche, è un film godibile, anche se da parte mia avrei voluto qualcosa di più profondo, non so. Magari proprio la dimensione monolitica di quel clandestino venuto da un altro mondo, costretto a vivere una competizione non sua, e di nascondersi quanto basta per non rovinare i sogni di vittoria di Yann.
In fondo la parte migliore del film è la comunicazione indiretta e medianica tra il protagonista e la sua famiglia, che non so come mai mi ha ricordato il pur breve frammento del capitano che, dallo spazio dell'Odissea Kubrickiana, augura buon compleanno alla figlia.
In definitiva, "In solitario" spicca per la sua spettacolarità, soprattutto nell'epilogo finale, tra una nota di Cat Power e un'altra di Warren Zevon, seguendo i codici delle varie Coppa America et similia, esattamente come un qualsiasi bell'avvenimento sportivo del genere. E magari lasciando pesare sulla sceneggiatura l'escamotage del ragazzo che viene da lontano, proprio come un clandestino, però del film o della gara