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LEI regia di Spike Jonze

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Terry Malloy     5 / 10  24/03/2014 21:05:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Avessi dato ascolto all'inconscio, che mi suggeriva che da Spike Jonze (l'autore di "Essere John Malkovich", ricordiamocelo sempre) non poteva venire alcunché di così pregevole, forse oggi sarei una persona inconsapevole della follia collettiva che ha travolto il pubblico di "Her", con enorme guadagno riguardo a considerazioni circa il reale valore della bellezza e soprattutto della narrativa fatta bene nel contesto ristretto (sempre più ristretto) del cinema odierno. Invece, ho dato ascolto al rating online, agli amici con gusti normalmente simili ai miei, e all'infido trailer, ma soprattutto alla simpatia naturale che si prova per un ottimo attore come Phoenix (e per Amy Adams, la non molto brava, ma bella Rooney Mara, e per la voce di Scarlett, donna la cui intelligenza è pari solo alla bellezza). Peccato, davvero, che non abbia potuto ascoltare la suadente e sensuale voce della bellissima bionda alleniana, in ossequio alla becera tradizione italiana (ma quale gloria? Quale fasto?) di doppiare il cinema, tradizione che siamo riusciti a peggiorare (e in questo caso, ce ne voleva) con la new entry Micaela Ramazzotti, fulgido esempio di meritocrazia italiana, l'equivalente al microfono della Braschi sul grande schermo. L'importanza che alla voce della pupa di Virzì questo incipit ha tributato è giocoforza spiegata dal ruolo che la voce ha in questo film.

In realtà non molto. Il chiacchiericcio di questo computer è quasi più insulso delle seghe mentali che l'odioso e stereotipato protagonista si fa per (davvero) tutto il tempo del film. Per quanto si sforzi di dargli un'espressione, Phoenix non ci riesce, ma a ben vedere non PUO' riuscirci, poiché il personaggio di Theodore è monoespressivo, sentimentalmente, fisiognomicamente, e anche socialmente. Lo sconforto che mi ha preso alla fine del film non deriva tanto dall'aver assistito a un brutto film (è un fenomeno che, purtroppo o per fortuna, conosco molto bene), ma dall'aver preso consapevolezza che in questo povero imbecille, abulico, tristissimo, emozionalmente livellato, milioni di persone si siano identificate, amandolo alla follia. Io ne ho provato repulsione. E tanto peggio che lo stesso Jonze sembra amare la sua sceneggiatura alla follia, vincendo l'Oscar che meritava, dopo anni passati a far finta di fare cinema indipendente. Avrei capito un certo giudizio negativo e sprezzante, una rappresentazione in negativo di un'idea che ci ripugna, ma il compiacimento tecnico e la centralità armoniosa data a questo impiegatuccio ipermoderno suggeriscono un'adesione fideistica agli ideali etico-estetici di cui il personaggio è portatore. Bravo a non renderlo asfissiante nonostante una centralità che ci fa rimpiangere il buon vecchio (e bello) cinema neo-realista, Phoenix ci prende per mano in un'avventura senza senso alla ricerca del sentimento perduto di questo soggetto: un'avventura che dal tragico passa al deprimente e soprattutto alla purtroppo nota deriva sentimentalistica e pietistica che il cinema (sentimentale) postmoderno ha imboccato da troppi anni a questa parte. Che poi, un autentico capolavoro sulla linea di "Her" quale era "Beginners" ovviamente non se l'è filato nessuno (io stesso l'ho recuperato grazie all'indicazione salvifica di un amico). Poi, lo stesso pubblico che adora questa cag.ata, ha trattato con sufficienza l'ottimo "Noi siamo infinito", sempre più bello ogni giorno che passa, ancorati al vecchio trucco dell'età del protagonista. E difatti è proprio questo il problema: film come The Perks non possono piacere né agli adulti né ai ragazzini. Film come "Her" piacciono a tutti, perlomeno agli adulti, soprattutto ai trentenni. Infatti, il film non è altro che la riproposizione futuristica di una vecchia favola: "C'era una volta un trentenne in crisi, circondato da trentenni in crisi, alle prese con un ex-moglie in crisi e innamorato di un SO (o OS) anch'esso/a in crisi".
L'ultima parte l'ha aggiunta Jonze, e come si può vedere non è poi granché. Alla fine risulta poco chiaro il senso del progetto: parlare dei sentimenti, di chi?
Non capiamo a chi si debba rivolgere l'attenzione poiché di fatto la scrittura è insufficiente: in "Parla con her" di Almodovar il Frocio (rigoglioso esempio di un vero film sentimentale, e non vado neanche troppo indietro) era chiaro che tutto fosse rivolto al personaggio principale, eppure si riusciva in meno tempo a sviluppare una miriade di personaggi, di cui due persino muti (a ben pensarci, questo film è proprio il contrario di "Her"!). In "Her" ci sono al netto 5 personaggi e non c'è n'è uno che abbia attirato la mia attenzione. Il perché? Sono UGUALI al protagonista. Infatti Theodore, pur non avendo nulla a che spartire col mondo della narrativa sentimentale, rimane al centro senza colpo ferire, dal momento che nessuno è in grado di rubargli il posto. Gli unici momenti in cui spicca il suo incerto volo non è durante il rapporto con Samantha, ma (ovviamente) nelle poche scene in cui si confronta realmente col suo matrimonio fallito. A parte il fatto che per quanto le ragioni della crisi non siano chiarite ("Ma perché sei così incazz.ata con me?" dice T. in uno dei rari momenti in cui s'intravvede il suo aspetto umano, quella capacità meravigliosa e devastante della coscienza di crearsi lacerazioni e contraddizioni a partire dall'esperienza), non stentiamo a capire il perché: una coppia che si chiama "coniglietto" a trent'anni o finisce a derubare ristoranti come in Pulp Fiction, oppure è destinata a crollare. Infatti crolla. Lasciando stare la palese asessualità di Theodore (e femmineità), arriviamo alle due scene clou del film, cercando di spiegare le ragioni per cui il film non si regge, nemmeno puntando al sentimentale/personale, quel banale senso di riconoscimento che si attiva specialmente per pellicole del genere:

1) La firma delle carte 2) Il finale (ovvero, la lettera a Kathrine)

Le due scene stridono sotto vari aspetti: la vita di questi umanoidi jonziani è soffocata dalle comodità della tecnologia, e questo ha effetti disastrosi sulla loro capacità di creare, costruire e saldare un rapporto. Eppure, la bellezza della scena del divorzio si fonda proprio sul suo aspetto "normale". Siamo davanti a una banale scenucola da centovetrine, per carità, ma rispetto all'asetticità bamboleggiante e mielosa del resto del setting, mi ha saputo di "boccata d'aria". Infatti salta fuori la vita reale. Non in quelle patetiche immagini da repertorio/pubblicità ikea con spostamenti dei divani (costruire casa), scene di coccole, sguardi e risate, scene di follia serale (non mancano neppure in "E ora parliamo di Kevin", altro filmettino postmoderno) che rievocano un Passato la cui normalità e banalità è sconcertante, ma nel momento del Presente. Il presente è una donna che ti guarda in cagnesco, ma si ferma a mezz'aria quando deve apporre l'agognata firma (tre mesi). Perché? Personalmente sono sempre stato affascinato e addolorato dalla capacità che abbiamo di passare dal più tenero e profondo sentimento amoroso alla più totalizzante e feroce rabbia contro chi ha deluso/tradito la nostra devozione. Io credo che ci fossero almeno gli spunti per un racconto edificante/moraleggiante. Non sarebbe stato così male, soprattutto a vedere il pastrocchio che è saltato fuori evitando l'happy ending ottocentesco, e infilandoci quello contemporaneo. E questo ci porta a 2.

Rilevo una certa distanza anche solo nel modo in cui T. si rivolge a K. Egli detta la lettera a voce, ritornando all'oralità, ai primordi. E di fatto pronuncia l'unica vera lettera falsa della sua vita. Si inganna perché crede che tutto il suo mestiere di "scrittore" l'abbia portato a quella lettera. Quando dice al suo collega, che lo "adora" per come sa parlare la lingua dei sentimenti comuni, "Sono solo lettere di altre persone", egli in realtà non si accorge che nonostante tutto quelle lettere, per quanto non "originali", rappresentano un mondo di sentimenti reali di vite che vanno avanti nonostante l'inganno di cui quella società è portatrice. Le lettere parlano di emozioni, di relazioni vere. La sua invece parla di sconfitta. A ben pensarci, il contenuto della sua dichiarazione a Kathrine è inesistente. A che pro scusarsi? A che pro informare una donna che non ti vuole più di ciò che penserai sempre di lei, di come la porterai dentro il tuo cuore? Theodore rappresenta uno degli aspetti più feroci della psicologia umana, l'autoinganno. Invece che alzarsi dalla sedia, uscire dal mondo ovattato e rassicurante della tecnologia e della solitudine annacquata con la tristezza, e riconquistare il cuore della donna che ama alla follia, preferisce un finale letterario, sentimentalistico e vagamente piagnone, fatalista. A ben pensarci, a che serviva tutta la storia di Samantha?
Invia una mail all'autore del commento Albertine  28/03/2014 14:46:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
hai detto così bene tutto quello che penso di questo film che salto il mio commento!
Terry Malloy  28/03/2014 16:23:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
felice di non essere il solo! ti ringrazio :)
elio91  25/03/2014 14:47:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La frase su Scarlett era ironica?

https://www.youtube.com/watch?v=MfklWFn9zpk


Comunque a me Jonze dice poco da sempre, era Kaufman che mi attira.
Terry Malloy  25/03/2014 15:54:05Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il video dovrebbe dimostrare qualcosa? Io ho ascoltato qualche sua intervista e mi è sembrata una delle poche attrici che non dicesse banalità. Senza contare che quei talk show sono falsi dall'inizio alla fine, come Wallace dimostrò in "La mia apparizione" (credo sia questo il titolo).

Jonze è un caglione, Kaufman piace anche a me.
elio91  25/03/2014 18:48:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ti spacco la faccia.
Terry Malloy  25/03/2014 20:41:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
AHAHAHAHAHAH

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elio91  26/03/2014 18:02:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ma io anche le voglio bene, poi mo è incinta... cioè...
elio91  25/03/2014 18:48:23Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Con questa insieme a quell'altra cima di Leno direi che ha distrutto quanto di buono aveva fatto nelle altre interviste, visto che è la fiera delle banalità elevata al cubo.
jack_torrence  25/03/2014 17:05:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Caro Giovanni,
soprattutto, se non altro, in quanto recensore (mi accollo il peso di un impegnativissimo 10, che per me non è un premio ma un riconoscimento ponderato dopo una seconda visione) mi sento chiamato in causa dal tuo riferimento alla "follia collettiva che ha travolto il pubblico di Her", e "agli amici con gusti normalmente simili ai miei" che ti hanno portato al cinema a vedere "Her"!
Ora, non mi interessa tanto difendere un punto di vista (il mio, che - non lo celo dietro a falsa modestia - non ritengo frutto di una ubriacatura collettiva, se non altro perché sono stato tra i primissimi spettatori - ed estimatori - di "Her", senza troppi condizionamenti).
Al di là della stima che normalmente mi fa valutare con molto interesse i tuoi giudizi, a me pare evidente che in questo caso ci sia un problema NON di sguardo, quanto di approccio sociologico al film. Non culturale.
Dal tuo commento (posso sbagliarmi) traspare, tra le altre cose che legittimamente hai detestato nella pellicola, un elemento che potresti non aver messo a fuoco, ma che - al netto di possibili fraintendimenti - è stato evidente a me mentre ti leggevo.
Questo film, da diverse parti, non è stato per motivi quali: è un film di un hipster, calato in un'estetica hipster, sornione; è una commedia sentimentale conservatrice, travestita da film indie; ne è stata criticato l'uso estetizzante dei cromatismi (invero studiatissimi) così come il taglio di baffi di Phoenix, oppure il suo modo di vestire. Persino chi non ama la musica (hipster, senza dubbio) di gruppi come gli Arcade Fire (autori della colonna sonora) hanno avuto di che ridire.
Per altri, Her tratta una storiella banale d'amore, risaputa, con la furberia di mettere un SO al posto di una persona. Sai che ****ta, hanno detto. Jonze è un furbo, mi sta sulle palle, hanno aggiunto.
Ho letto persino Christian Raimo che lo critica perché non affronta problematiche socio-politiche restando concentrato sull'ombelico dei sentimenti.
A me sembrano tutti punti di vista fortemente condizionati da un sotterraneo rigetto di qualcosa che è filosofia di vita e costume insieme (difficilmente è riconducibile solamente al termine "hipster") e che, ad alcuni, evidentemente non a me, proprio non piace.
A me pare cioè che dietro questo genere di critiche, anziché un'attenzione squisitamente estetica, ci sia un notevole filtro dovuto al proprio personale approccio sociale, di gruppo, relazionale, e anche sentimentale.
Terry Malloy  25/03/2014 20:57:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Caro Stefano,

A dire il vero non ho letto la tua recensione, troppe cose da fare e una breve scorsa ai commenti degli Amici è quanto ho fatto. Volevo proprio scrivere nel commento che il mio è un commento fortemente personale, e se avessi voluto realmente tentare una critica mirata e decostruttiva avrei letto tantissime cose, la tua recensione in primis, e avrei dato un respiro più attento e preciso alla mia stroncatura. Come puoi notare invece, mi sono lasciato trasportare dallo sdegno e dal mio senso estetico, dalle emozioni negative che il film mi ha suscitato, scrivendo l'ormai celebre "commento a caldo". Non avevo e non ho molta voglia di approfondire questo film che a mio parere verrà cancellato dal tempo entro qualche annetto (cosa che non è successa a pietre miliari come Eternal Sunshine, film di cui ho scritto peraltro una personalissima e un po' ridicola recensione sul sito).

Veniamo al dunque. Se non ho capito male, dici che sono stato frenato, nell'apprezzamento, da filtri sociologico-culturali. Io non sono d'accordo. Di questa società so poco e nulla e sono alieni a me quei neocritici da web che impostano tutto il loro discorso su categorie come indie/hipster e altri aggettivi post-2k. La mia lettura è invece fortemente personale, mi sono approcciato al film nell'unica misura in cui mi sembra abbordabile: il come tratta i sentimenti umani. Non ne faccio un discorso storico, anche se avrei potuto (penso che la gente abbia dimenticato, o peggio mai visto, i capolavori assoluti della tradizione, da Limelight a 8 1/2, passando per un vero film sentimentale come l'ultima fatica sorrentiniana. Penso anche, rimanendo sul presente, che la gente sia digiuna di opere narrative serie, come romanzi ottocenteschi o americani contemporanei, e soprattutto di serie tv - ovviamente non è il tuo caso); non ne faccio un discorso sociologico, e i miei attacchi al pubblico sono tipici del mio spirito savonaroliano, non pretendo certo di analizzare seriamente la ricezione di quest'opera a un livello minimamente "scientifico". Culturalmente parlando, mi sono limitato a sottolineare l'ovvio, ovvero che trattasi di cinema postmoderno, cosa che non è necessariamente negativa (lo sono anche i Dardenne, Nolan, Aronofsky, Von Trier, tutti registi che stimo), ma che incarna una serie di ideali e tendenze cinematografiche che non apprezzo del tutto. Con postmoderno mi riferisco poi, molto scolasticamente, alle definizioni date da vari critici, specie scriventi su CDC.
Il mio approccio personale è consistito in un banale non ritrovarmi in alcuna mossa del protagonista, avendo io una visione completamente diversa di quelle questioni morali e sentimentali, specialmente in un periodo in cui mi sono trovato a dover gestire la stessa solitudine del protagonista. Trovo dunque che il personaggio e il film siano scritti male, e non ho trovato affatto utile l'intero espediente della storia, l'amore con OS, per le motivazioni che ho dato nel commento. Questo mi è bastato per considerarlo insufficiente, senza esagerare.
Non sapevo nemmeno che la colonna sonora fosse degli Arcade Fire, gruppo che per quel poco che conosco apprezzo.
Ti ringrazio per la stima e ti rinnovo la mia ;)
spero di essere stato esaustivo
jack_torrence  26/03/2014 18:40:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ti ringrazio per la risposta così articolata. In realtà io non parlavo di un filtro culturale. Solo sociologico (scrivevo di un "Problema di approccio Non culturale").
Le tue parole, in effetti - queste perlomeno: "Il mio approccio personale è consistito in un banale non ritrovarmi in alcuna mossa del protagonista, avendo io una visione completamente diversa di quelle questioni morali e sentimentali, specialmente in un periodo in cui mi sono trovato a dover gestire la stessa solitudine del protagonista." - mi confermano che c'è un filtro personale, e appunto di natura sociologica (intendo con questo termine qualcosa che ha a che fare con le relazioni sociali a livello personale, non di idee e concetti socio-politici). Inevitabile e sacrosanto, capita a tutti e a me per primo.
Però è un filtro, che se non è di natura intellettuale (appunto), potrebbe in teoria consentirti di ripensare al film, con diverso apprezzamento, considerando il fatto che il suo protagonista, sia pur così lontano da te, non sia però affatto banalmente descritto, e sia rappresentativo di un modo di vivere i sentimenti comune. Calato, inoltre, con sorprendente realismo, nell'oggi. Di cui il film è specchio complesso, e più profondo di quello che sembra.
Terry Malloy  27/03/2014 01:09:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il filtro di cui parli è imprescindibile, nella ricezione di un'opera da parte dell'individuo agiscono varie componenti, e questo mi sembra ovvio. Dire che il filtro ha modificato in negativo il mio punto di vista significa affermare che ho un problema con il film. In realtà al di là della questione che tu hai estrapolato, ho dato delle precise ragioni tecniche a sostegno della tesi che il film sia semplicemente scritto male. Nelle problematiche umane ed esistenziali di "Via col vento" non mi ci ritrovo per nulla, eppure il film era scritto benissimo, se non altro molto meglio di Her. I personaggi, per quanto distanti dallo spettatore comune, sono credibili, guidati da veri sentimenti, da contraddizioni, meccanismi narrativi assolutamente perfetti. Stesso dicasi di film sentimentali complessi come "Quarto potere" o "La grande bellezza" in cui è impossibile identificarsi davvero, ma che rappresentano con coerenza le grandi domande dell'umanità, in una forma che non implica alcuna compromissione con questioni complesse come la ricezioni sociale di un'opera. Ripensare un film come Her può solo peggiorare la situazione poiché al lavoro di prima si aggiungerebbe la freddezza metodica con cui amo sezionare i lavori, specialmente quelli fatti male. Non lo trovo un film profondo, ma un film furbo, che tocca i punti giusti, inserendosi con abilità in una maxi-corrente culturale e in una sofisticheria di fondo che va molto di moda e miete vittime anche tra i più intelligenti. Semmai, il problema è un problema culturale (e se ci pensi, è molto più facile giudicare un film sotto l'aspetto culturale, forse è anche più appropriato). Che sia descrittivo di un modo di vivere i sentimenti comune, sono perfettamente d'accordo, ed è proprio per questo che mi concedo di mettermi le mani nei capelli. Tuttavia scrivere un'opera di me.rda su sentimenti di me.rda (scusa il francesismo) non migliorerà la vita di chi lo guarda e purtroppo sono un convinto assertore della moralità dell'arte. Il realismo lo definirei piuttosto banale setting quotidiano. Si parla di realismo per Gogol', Dostoevskij, non per Spike Jonze. E' una categoria letteraria molto complessa, sfaccettata, difficile da giudicare e definire (Auerbach ci scrisse due tomi in proposito). Che Her sia specchio dell'oggi mi sembra francamente esagerato, ripeto che lo trovo un filmetto da quattro soldi e che poche opere, forse nessuna (in quanto irrimediabilmente legata all'individualità dell'autore, il quale finisce per annacquare il suo specchio con distorsioni personali e legati alla sua psiche e immaginazione), possono vantare un tale merito. A tal proposito, ti consiglio di partire da The Wire, serie tv americana di inizio millennio. Quello, è un vero capolavoro sociologico.
jack_torrence  27/03/2014 17:11:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ti seguo con una certa difficoltà. Ciò non significa che non comprendo, o in taluni casi condivida, diverse tue singole affermazioni.
Ad ogni modo mi permetto di riconoscermi nella categoria di quelle persone che tu definisci intelligenti tra le quali her mieterebbe vittime.
Per me her è un film molto profondo che si confronta con tematiche morali, centrali e fondamentali, sul senso dell'esistenza, sull'amore che ci si dona reciprocamente e la felicità che ne scaturisce.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  25/03/2014 23:49:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Che dire di una voce-contro tanto esauriente? Poco direi. A parte che a me e' parso di cogliere quell'esperienza letteraria anche moderna che trova spazio solo nei cdrom, in questo senso Lei e' la morte e la continuita'o rinascita di questa corrente letteraria v. Cooper
Terry Malloy  26/03/2014 15:44:08Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ti ringrazio kow!
TheLory  24/03/2014 21:23:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
porca miseria quante seghe mentali per un film ti sei fatto!
Terry Malloy  24/03/2014 21:34:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
********
Terry Malloy  24/03/2014 21:35:28Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
(per Maino) cogl.ione (cit. Bobo Vieri)
Bonzobob  29/03/2014 18:03:56Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie grazie del tuo commento. Condivido pienamente quanto hai scritto. Io avrei usato molte meno parole per giudicare questa follia collettiva legata a questo film mediocre.