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NEBRASKA regia di Alexander Payne

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Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki     8 / 10  16/02/2014 13:11:17Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Payne dedica la sua 'grande bellezza' al Nebraska, terra natia, le quali immagini (poste all'incirca a caporiga ad ogni rullo) vengono rapite alla natura da una sublime fotografia in b/n, tante e in sequela cartoline di paesaggi rimasti fertili (uno degli stati meno urbanizzati), lande desolate, colline ondulate, una periferia agricola che di fatto è la porta verso il West, la popolazione statica assorta alla noia (non a caso la camera fissa si sposa alla perfezione), trascorre le giornate ad oziare, ancorati alla propria obesità (uno dei mali oscuri dell'America), passivamente si pone al mondo, spettatrice davanti alla TV, sul ciglio della strada a guardare le auto, al bar a spettegolare poichè Woody diventa la valvola di sfogo, il centro dell'attenzione, un neo milionario su cui ben presto gli avvoltoi poseranno i loro occhi. Il rapporto conciliatorio padre-figlio trova in questo viaggio, un ultimo tentativo per recuperare i rimasugli lasciati in sospeso nel tempo (motivo per cui mi ha ricordato 'Che Ora è?' di Scola), il pretesto di riesumare una popolazione al fior fiore dei loro anni, ancora non pedinato dalla crisi. Il cinema di Payne è sotto le righe, e i suoi protagonisti non possono che rifletterne la modestia del suo cinema low profile, uomini qualunque che non interessano a nessuno, focus antropologico sul loro piccolo universo, il milione è appunto un volo pindarico, una digressione per smorzare una realtà monotona, non c'è desiderio materialista, il figlio dall'alto della sua lucidità (ma nel limbo di chi non sa cosa vuole dalla vita) asseconda i suoi voleri uscendone ricco di un rapporto prossimo alla saturazione, i quali ruoli dall'infanzia rimembrata sono ormai capovolti, ora lui tutore del genitore patologicamente portato a credere/fidarsi di tutto. Senilità falcidiata dallo status di assenza amnesica ben rappresentata dal barcollante Dern, buono anche questo salto dal piccolo schermo di Forte.