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THE WOLF OF WALL STREET regia di Martin Scorsese

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Terry Malloy     7½ / 10  24/01/2014 12:59:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sbaglio probabilmente a commentare questo film così a caldo, dal momento che tuttora non so bene cosa pensare. E' un film che lascia ammutoliti e perplessi.

Non che sia necessariamente un male, continuo a esplorare la materia agitatissima di questo film agitatissimo per trovarci punti deboli e punti di forza. La luce si leva a poco a poco sulla totalità di un film sicuramente complesso.

Cosa mi lascia perplesso? In ordine sparso: le voci interiorizzate, i 180 minuti di pellicola, la sperimentazione di formule e soluzioni tecniche che poco si confanno a un regista pulitissimo e classico come Scorsese (non sempre sperimentare è bene, specialmente se il film in questione ha un plot che più classico non si può), lo stile biografico, l'eccessiva ridondanza di alcune scene fini a se stesse (e questo si ricollega alla critica sulla durata), e forse un senso di stranezza a cui non riesco a dare un nome, ma che rimane sul fondo, qualcosa di smorzato, una reazione inconsulta che non so identificare ma che mi impedisce irrazionalmente un apprezzamento pieno.

Mi sembra che siamo anni luce da Godfellas, Scorsese è ormai un bravo regista che può solo sfornare immancabilmente opere di prima qualità, ma che non rappresentano certo la novità sconcertante dei suoi film epocali. Le sue storie probabilmente non lasceranno il segno nella storia della narrazione e del cinema, come hanno fatto Taxi Driver e Quei bravi ragazzi.

Ma non ha senso neanche riferirsi al passato: il film presenta anche notevolissimi momenti di spettacolo, divertimento e cinismo puro, i quali prendono le distanze dall'acritico agiografismo consegnatoci dalla stampa, e fanno scaturire riflessioni inevitabili su qualcosa che è sì umano, ma al contempo estremamente lontano, spiritualnente, da ciò che comunemente intendiamo con questo concetto. Ciò che ho apprezzato è stata l'attenzione alla caratterizzazione fisica e psicologica dei personaggi, e questo rimanda senza dubbio al miglior Scorsese, l'attenzione per il dettaglio che porta all'astrarsi dalla storia per seguire l'umanità di plastica di questi broker. Come programmaticamente viene riferito dal broker senior interpretato da McConaughey, lo stesso film è fugace, impressionistico, aleatorio, impalpabile, la storia non c'è, Jordan è portato deterministicamente al successo, ed è deterministicamente portato all'eccesso del divertimento. I personaggi possono fare solo questo, divertirsi con i soldi rubati. Di qui una monodimensionalità che spaventa, affascina, diverte, ma annoia pure dopo un po'. Ci si appella a ogni risorsa tecnica e letteraria per mostrare da diverse angolazioni il dio del divertimento, ma spesso ciò sfocia in una spettacolarizzazione inutile e verbosa: scene (pur divertenti) come quella dell'aereo, del Quaalude (Jonah Hill eccezionale), della droga Lemmon sono totalmente inutili. Eppure sono l'unica cosa da dire, sono necessarie. Forse è un film sul vuoto di una vita vuota e spaventosa. Ma allora, se così è, un reale criterio per stabilire perché non ci è piaciuto sembra informulabile. Si potrebbe dire che trattasi del solito film biografico. Che in realtà non parla di un problema, ma di una vita. Eppure in fondo il problema di quel mondo è un problema che è direttamente interconnesso con la loro vita. L'economia non è reale, ciò che è reale è la creazione di un bisogno basato sulle aspirazioni e i sentimenti della gente: la basica, ineliminabile, animale voglia di diventare ricchi. Tutto il resto è nulla. I personaggi di questo film sono interessanti proprio nella misura in cui annullano tutte le ansie normali degli esseri umani proprio in ragione del raggiungimento sconcertante di una meta che permette di divertirsi appieno, senza nessun limite. Nel loro essere il modello base di ogni essere umano, essi diventano oltreuomini. Non c'è nessuna cosa che interessa loro se non una cosa, e raggiungendola raggiungono uno stato di nirvana che solo la legge, qualcosa di anomalo, interviene a distruggere. Si distrugge un sogno, più che un essere umano, perché di umano non c'è quasi nulla, salvo l'attaccamento insensato ai bambini. La scena degli interrogatori è fenomenale (sopra c'è solo il reclutamento di Danny come primo collaboratore della società di Jordan) proprio perché mostra come non ci sia nulla di condivisibile, in quanto a valori razionali, con questi individui, presi dalla strada e sbattuti su una montagna di soldi. Ciò che resta è la chiusura di un Sogno, di un vero bellissimo sogno, che instancabilmente vogliamo vivere. Meraviglioso a questo proposito il duetto tra Kimmy e Jordan, quel "ti amo", quel delirio collettivo di benevolenza verso qualcuno che ha davvero realizzato l'ideale messianico più retrivo e animale, è sicuramente una delle scene più forti e riuscite del cinema contemporaneo.

Sicuramente Scorsese è un regista che continua a essere affascinato dal cinema. Che realizzi film epocali, è ancora tutto da vedere. Ma ripeto, un'istanza soggettiva di reazione non può in alcun modo parlare di un film. Restano le riflessioni centrali e la sicurezza di aver assistito a un bellissimo e inquietante spettacolo.
arturo  24/01/2014 14:07:05Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Interessantissima rece. Complimenti!
Terry Malloy  24/01/2014 19:48:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
grazie!
Gruppo STAFF, Moderatore Jellybelly  24/01/2014 19:51:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi associo: bravissimo Terry, mi sono ritrovato molto in ciò che dici.
Terry Malloy  26/01/2014 10:28:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
:) grazie gello.
elio91  24/01/2014 22:35:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Troppo The Wire fa male al cervello.
Terry Malloy  26/01/2014 10:34:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non troppo The Wire; troppe serie tv.

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elio91  25/01/2014 11:25:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Interessanti perplessità, ma non sono d'accordo. Probabile che ci ricorderemo più di questo film tra 10 anni che de La grande bellezza che per me gli è superiore. Vedo troppo entusiasmo in giro, non credo sia una bolla di sapone.

Terry Malloy  26/01/2014 10:32:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Secondo me non sono paragonabili. La statura dei due autori è diversa. Il problema principale di Scorsese è che è Scorsese. Sorrentino poteva permettersi ancora un margine di sperimentazione, invenzione, libertà d'espressione, Scorsese sostanzialmente deve fare un film alla Scorsese. L'entusiasmo che leggo in giro è dovuto solo al suo nome. Esattamente come il fenomeno-Tarantino. Che poi questi due (ma gli preferisco Martin tutta la vita) realizzino ancora film più che decenti, o anche molto interessanti come questo, è un discorso banale perché dire "Scorsese ha realizzato una ******" è qualcosa che va oltre la logica. Scorsese è un grande regista, e davanti ai suoi film non puoi rimanere indifferente. Ma ci si chiede sempre se non siano esercizi di stile di chi in fondo è obbligato a "lucidare e custodire la sua statua", per dirla con Wallace. E ora conta quante volte ho scritto "Scorsese".

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elio91  26/01/2014 11:56:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Lo schema è sempre lo stesso, se leggi nelle risposte a jelly l'ho fatto notare (o almeno, è lo schema di Casinò e Goodfellas perché Winter ha esplicitamente chiesto a Scorsese di scrivere la sceneggiatura basandosi su quei due film, al che lui ha subito acconsentito). Però che l'entusiasmo sia dovuto solo al nome non ne sarei cosi sicuro. Non parlo di nomination all'oscar o quant'altro, ma gli anni scorsi quando uscirono Shutter Island o Hugo Cabret di stroncature ce ne furono anche immeritevoli (parlo soprattutto del primo), mentre ora che questo sia un film al di sopra della media anche per zio Martin mi pare assodato.
Lascio fuori Tarantino dal discorso ma comprendo benissimo ciò che dici, però è innegabile che Spielberg non abbia le stesse palle enormi di Scorsese visto che l'unica uscita dal seminato recente è stata Munich, dopodiché ha preferito tornare a fare i soliti film buonisti e vecchi, ma davvero vecchi nella forma, nelle tematiche, nello stile. Scorsese prende e ti sbatte in faccia le "fìche depilate", cosa che non aveva mai fatto. E' sempre stato molto puritano in termini di sesso, anzi cattolico, pur essendo affascinato dal sangue e dalla violenza. Ha voluto fare un film di eccessi assoluti, ma son tre ore che mantiene in piedi con maestria. Si può discutere se trattasi di film epocale o meno, infatti lo stiamo facendo, e ti ripeto che per me lo ricorderemo come un classico alla Goodfellas tra qualche anno. Che poi quest'ultimo gli sia superiore son d'accordo con te. Casinò però potrebbe tranquillamente scavalcarlo, non fosse altro per la somiglianza eccessiva tra questi e Quei bravi ragazzi.
(Tornando a Sorrentino, a me pare che se formalmente Scorsese sia lo stesso di sempre una pellicola cosi esplicita non l'abbia mai fatta, e per di più cosi forte proprio per questo, cosi volgare mantenendo una raffinatezza nel montaggio e nella regia. Quindi a suo modo ha sperimentato eccome)
Terry Malloy  26/01/2014 15:25:03Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Argomenti bene, anche se non capisco come si possa parlare di sperimentalismo nei termini di far vedere "***** depilate". Scorsese non ha sperimentato né nella forma, né sull'aspetto narrativo. Io non ci vedo alcuna novità in questo film, solo un bel film girato da un maestro del cinema mondiale. E neanche la tematica è troppo nuova, dato l'antecedente douglasiano. Cioè il fatto che sia uscito dal seminato in fatto di puritanesimo la chiamo "libertà intellettuale" o più banalmente "fedeltà al biopic". Il fatto che abbiamo smontato Hugo Cabret e Shutter dipende sia da aspetti interni sia dal rapporto tra questi e la filmografia del regista. Benché diverso da Godfellas e Casinò, The Wolf è più un film alla Scorsese che questi due. Il vecchio assunto hitchcockiano resta verità: "Se girassi Biancaneve la gente si aspetterebbe un cadavere nella carrozza". Piace di più perché è una tarantinata con un tocco scorsesiano. Tocca i temi giusti, anche socioculturalmente, e la maestria tecnica confeziona qualcosa di eccezionale. Ma non vedo come si possa affermare che questo sia un film epocale (e se dici "fra dieci anni se ne parlerà ancora" lo stai implicitamente classificando come "memorabile"). Secondo me confondi il fatto che un regista abbia realizzato un film spiritualmente diverso dal solito rispetto alla sua filmografia, con un'innovazione vera e propria. Un'innovazione al cinema si dà nella sceneggiatura o nelle tecniche più propriamente filmiche: io in questo film non ci ho visto nulla di che se non un'altra storia, e la storia ha un carattere diverso rispetto alle altre celebri di Scorsese. Ma questo è un tratto di un regista intelligente che non ripropone venti film nello spirito tutti uguali (una serie), non il tratto di un regista innovativo. Parlavo di Sorrentino perché Sorrentino ha dato al cinema italiano qualcosa che prima non c'era o c'era poco: un film totalmente sentimentale. Ha innestato qualcosa su una tradizione di cinema civile (neorealismo e poi la vena civile dei vari Bellocchio, Petri, Giordana) e di commedia drammatica (i due paradigmi fondamentali del nostro cinema, con la parziale esclusione di Fellini), infatti ha fatto parlare tantissimo di sè, e ha diviso gli spettatori. Qui gli spettatori non si sono divisi: chi lo esalta, chi lo apprezza, chi fa lo snob. Ma nulla delle critiche profonde e viscerali che hanno caratterizzato il dibattito sulla Grande Bellezza. E se ora mi dici che le critiche sono viscerali perché il film stesso è viscerale ti dico che anche The Wolf è un film atipico, viscerale e agitato. Ma in fondo è solo un bel film, nulla di nuovo sotto il sole.
elio91  26/01/2014 16:07:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sperimentale per lui, che se vedi le interviste ne parla come di un diritto acquisito a 70 anni (dico, il mostrare nudità), il che conferma l'impressione che Scorsese si trovi a proprio agio nella violenza più sfrenata ma non nel mostrare scene di sesso esplicite. Proprio cattolico in questo.
Lascio fuori Tarantino dal discorso ancora una volta perché mi piace poco parlarne, in generale non parlerei di una sua influenza su Scorsese perché se c'è una persona che ha influenzato Tarantino questo è proprio Marty. Ma la storia è sempre la stessa: un autore giunge ad un certo punto nella sua carriera dove non può più portare innovazioni al cinema come un tempo, ma questo è normale. Fellini dopo Otto e Mezzo ha continuato su quella strada ma formalmente i film erano tutti simili (deliri visionari e della memoria, trama sfilacciata e digressioni) fino agli ultimi fuochi finali in cui era più un fantasma del vecchio Fellini che il Fellini vero e proprio (sempre di qualità). Hitchcock per non fare la parte del vecchietto rincòglionito che ha fatto il suo tempo si inventò Frenzy, mostrando scene di violenza e nudo dopo averle evitate, eliminando le donne fatali ma senza ribaltare totalmente il suo modo di fare cinema. Scorsese ha dalla sua una maggiore versatilità, è capace di girare pellicole in costume, thriller o biopic sul Dalai Lama senza snaturarsi. Quando parlo di film epocale esagero di certo: però si, intendevo un film che ricorderemo tra dieci anni, un classico suo malgrado. Lo è diventato anche Casinò che non aveva particolari meriti rispetto a Goodfellas, per dire, se non quello di essere un bellissimo film (che lo ricalcava a tratti in modo plateale). Perché non dovrebbe diventarlo The wolf of Wall Street che racconta tutt'altra storia, lavorando più sulle similitudini tra gangster mafiosi o ebrei con i lupi dell'alta finanza?
Si, Scorsese non ha dato al cinema americano ciò che prima mancava: prima di tutto perché ha contribuito a inventarlo, secondariamente perché, come fai notare, in fondo tra epigoni ed eredi in molti si sono messi ad esplorare le sue stesse strade. Però lui è un cuoco che le sue pietanze le sa fare meglio di altri, anche se son sempre le stesse con pochissime variazioni, mettiamola cosi.
Quindi è un gran film, non un capolavoro, non mi azzardo a dirlo e non l'ho mai detto infatti.
Altrimenti sarei stato qui a scrivere che Kundun e L'età dell'innocenza sono capolavori assoluti, cosa non vera, ma belle cose sicuramente. Questo pur essendo film molto diversi dal solito per Scorsese.
Per me è un film in cui tutto funziona e funziona bene.
Preferisco La grande bellezza anche se siamo su mondi differenti: questo pur essendo Sorrentino dispersivo. Ma si assume più rischi, è più vicino inoltre a ciò che mi piace quando guardo cinema.
Perché io tra Fellini o Lynch e Scorsese scelgo sempre Fellini e Lynch, e Sorrentino si accomuna ai primi due.
Però siccome voglio troppo bene a Scorsese facciamo che ti lascio il beneficio del dubbio, che poi tra qualche anno quando ne riparleremo tu dirai "eh, avevi ragione sai?" e io ti dirò che fino a quando non vedrai Mad Men non potrai mai discutere da pari con il sottoscritto.
Terry Malloy  02/02/2014 13:39:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono d'accordo, anche se tenderei a eliminare categorie come "cattolico", non capisco cosa c'entrino. Tarantino lo tiriamo in ballo nella misura in cui è "il regista più influente della sua generazione" (a detta di Bogdanovich) e The Wolf (che è tremila volte più bello degli ultimi 3 film di Tarantino messi insieme) mi ha ricordato il suo stile in più parti. O perlomeno mi ha ricordato il modo in cui il pubblico si relaziona ai film di Quentin. Ti confesso che sono estremamente infastidito di come la gente ha preso questo film, con un'esaltazione che doveva essere semplicemente orrore. Indubbiamente il cinema americano, principalmente le serie tv, ci propongono continuamente personaggi da cui non solo bisogna prendere le distanze, contro il facile e necessario rischio dell'immedesimazione e della accondiscendenza, ma di cui provare orrore. Ultimamente rifletto tantissimo proprio su questa categoria, a metà tra il morale e l'estetico, l'orrore. Questa sensazione mi suscitano i vari Tony, Walter, Gustavo, Avon e Stringer Bell, tutti questi personaggi costruiti con impeccabile minuzia, che ci ossessionano per la loro distruttiva capacità di fare il male. Ora più che mai è necessaria una fortissima presa di posizione morale nei confronti di una società in decadenza. Scorsese in questo senso ha scelto uno script perfetto e gli rendo onore per la qualità del suo film. Ma è inevitabile una certa scontentezza per essersi dilungato troppo su alcune scene che se prese con leggerezza (e così è stato) il loro senso può essere frainteso. Posso sembrare il solito moralista, e io credo che sia impossibile non esserlo, ma mentre le serie tv hanno più tempo per evitare ogni possibile fraintendimento, il cinema no. Tre ore non bastano, soprattutto se annacquate con qualcosa di troppo. Per il resto, un film molto bello, siamo d'accordo.

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elio91  02/02/2014 16:03:03Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Molto interessante perché sono riflessioni che mi faccio anche io da tempo (ci aggiungo Vic Mackey e Don Draper).
Non saprei se il cinema non può permettersi di mostrare in due/tre ore personaggi che molti potrebbero fraintendere: alla fin fine in sei stagioni di Sopranos c'è gente che ammira sinceramente Tony e la sua cricca, li esalta e pensa che ragionare come loro faccia fìgo, in Italia è accaduta la stessa cosa per Romanzo Criminale (che andrebbe inserita, mo me la segno) che pure è stata una delle cose più belle che la tv italiana ha fatto negli ultimi anni.
Eppure questo fraintendimento parte anche da Scorsese: i Sopranos non sarebbero mai esistiti senza Goodfellas, e anche lì ci sarebbe da ridire sul modo in cui Scorsese ritrae i criminali in 3 ore, facendoti anche affezionare a loro ma senza per questo ammorbidirne i lati disgustosi e i cortocircuiti morali. In The wolf fa lo stesso, sarà che uccidere una persona o vederla accoltellata in un bagagliaio ci ripugna più che vedere uno che si gode soldi (praticamente rubati) scòpando e facendosi, anzi la branca di umanità (e ragazzini, soprattutto ragazzini) vorrebbe essere cosi e diventare come lui. Eppure non vedo tutta questa grande differenza: il pubblico è responsabile di ciò che vede e il finale, l'ascesa e caduta di Jordan alla fine sono un chiaro segnale. E poi finale più esplicativo di quello non poteva esserci: "vendimi questa penna", fammi vedere se hai compreso come si fòtte il prossimo.
In sala, di fianco a me, due ragazze hanno esclamato "ma come, finisce cosi? ma che significa?", mica avevano capito che il pubblico inquadrato da Scorsese erano anche loro.
Più sottile come messaggio e molto più per responsabili (o cinefili) ciò che ha detto stavolta Scorsese rispetto a Goodfellas, dove il demone della paranoia era più un deterrente per il protagonista che del pentimento: lui quella vita la amava e avrebbe continuato a farla, potendo, ma si era incasinato. Jordan è lo stesso. De Niro in Casinò idem. Ma anche LaMotta non demorde.
A me sembra giusto che alla fine si possa essere perplessi sul risultato finale: in fondo sto film doveva essere vietato non ai minori 14 anni ma a chi in vita sua va a vedere un film "per staccare la spina", praticamente quasi tutto il mondo. Forse si può fare una colpa a Scorsese e Winter di aver preteso troppo dall'intelligenza del pubblico. Non ritengo sia cosi.
La presa di distanza il film la pone in modo sottile, ripeto, anche se durante (e dopo) tre ore di spettacolo e intrattenimento.
Registro narrativo molto rischioso, concordo in pieno, visto che nelle serie da te citate c'è tutto il tempo per fare eruttare le contraddizioni del loro modo di agire e di essere.
elio91  02/02/2014 16:08:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ah, sulla questione cattolica: per me è fondamentale in Scorsese, come in Ferrara o lo spiritualismo in Kim Ki Duk. Lo è perché fa capire molte cose dell'autore e del suo messaggio ma soprattutto fa deflagrare tutte le contraddizioni e Scorsese ne ha tantissime.
Vincent chiedeva nel commento di Jacktorrance come secondo lui Scorsese vede la donna e che ruolo ha nel suo cinema. Ecco, anche questo è inscindibile dalle sue radici italoamericane e dalle domeniche in chiesa e lunedi all'inferno. In The Wolf si trovano comunque dei rimandi, se leggi la mia recensione li ho elencati lì (alcuni).
Poi non avrà tutta questa importanza rispetto ad altri film o a quelli che ora girerà (come "The Silence" a quanto pare) però mi interessa tantissimo, è una sua componente fondamentale.
Su Tarantino concordo, Bastardi senza gloria escluso però...
Terry Malloy  02/02/2014 22:22:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sì, non metto in dubbio che queste categorie siano importanti. E' fondamentale per una critica esaustiva. Ma considerare sperimentalismo il proporre realisticamente cosa faceva Jordan Belfort e farlo senza filtri continua a sembrarmi semplice onestà intellettuale, coerenza tecnica, non so come definirla. Penso, come già ti ho detto, che sia fondamentale capire come funziona la mente di un autore (e penso che questo si possa fare tranquillamente per un Goodfellas), ma che questo non diventi un gioco all'analizzare tutto in linea intrateorica. Un'opera è interessante per quello che ci dice, non per l'essere situata all'interno della filmografia di un grande, per quanto possiamo apprezzarne evoluzioni interne, cambiamenti di prospettiva e altro. Questo è il normale decorso di un uomo intelligente che riflette sulle possibilità di una forma artistica, sono la base per la realizzazione di un buon film, ma una volta che lo realizzi getti l'opera nel mondo, ed essa è significativa per vari parametri che esulano dall'autore, benché esso sia tra questi. Forse è un po' confuso, ma sono cose difficili.
elio91  02/02/2014 23:31:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Terry, capisco, e proprio per questo non posso risponderti a cuor leggero che, se non avessi saputo che il film era di Scorsese, lo avrei apprezzato lo stesso cosi tanto. Ma difficilmente non lo avrei apprezzato (e tanto).
elio91  26/01/2014 16:12:40Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Tematica troppo nuova non lo è, però sono due pellicole difficili da mettere a confronto: quello di Stone è la sua solita (bella) parabola morale, che mostrava un decadimento in atto. Scorsese non è interessato a fare la parabola morale o moralista, quando Di Caprio parla con lo spettatore per spiegargli un inghippo finanziario ad un certo punto questo in pratica si blocca e dice "ma tanto te non capisci una mazza di quello che dico, andiamo avanti". Ecco, in questo Scorsese è un cattolico atipico ma i suoi lavori hanno una forza dirompente che per svariati motivi la maggior parte di quelli di Stone si sognano.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  27/01/2014 00:01:29Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ma forse ormai il problema di Scorsese è il suo accademismo (o manierismo)... sembra un artista consumato che può permettersi di tutto e di più, magia pura ma forse un film come Fuori Orario non lo si vedrà più
elio91  27/01/2014 09:26:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
No, quello credo possiamo scordarcelo. In tal senso ha già dato,
elio91  27/01/2014 09:27:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
No, quello credo possiamo scordarcelo. In tal senso ha già dato,
elio91  26/01/2014 14:26:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
A proposito di vice, ma figurati se me ne frega qualcosa, non so manco chi sono né mi interessa.
Io mi guardo il Doctor Who e son contento.