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L'IMBALSAMATORE regia di Matteo Garrone

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Marco Iafrate     7 / 10  19/06/2008 22:32:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il film narra la torbida storia di Domenico Semeraro conosciuto come "il nano di termini" a causa dei suoi 130 centimetri di altezza, l'uomo svolgeva la professione di imbalsamatore in un appartamento di via castro pretorio in Roma dove, tramite un annuncio su un giornale conosce il diciassettenne Armando Lovaglio che diviene presto suo apprendista.
Molto sensibile ai regali e alla bella vita, il giovane si lascia "sedurre" dal subdolo personaggio che lo circuisce con festini a base di sesso, rapporti di gruppo, uso di sostanze stupefacenti, ad interrompere questa escalation di perversioni è l'entrata in scena di Samantha una giovane ragazza che si innamora di Armando al punto di rimanere in cinta e partorire una bambina. Semeraro sempre più geloso ed ossessivo cerca in tutti i modi di dissuadere il ragazzo a continuare il rapporto con la giovane ma il risultato è uno strano quanto pericoloso ménage à trois che si conclude, dopo una notte di litigi e di accuse, in un modo decisamente drammatico.
Ottima prova di matteo Garrone che trasferisce la cupezza della storia dalla realtà di una Roma un pò troppo vivace e frenetica per il contesto, soprattutto nella zona della stazione termini, al più convincente paesaggio un pò spettrale del litorale Casertano ed a quello altrettanto grigio della nebbiosa Cremona.
Nel film aleggia perennemente un sentore di morte che avvolge i protagonisti nelle diverse sue forme, paura, repulsione, sfida, attrazione ma soprattutto immobilità, che è l'aspetto che salta di più agli occhi quando ci si trova di fronte a quell'imitazione di vita che è il ricomporre, dopo averlo svuotato, un cadavere o una carogna: l'imbalsamazione.
Presenza capillare della pellicola, e come poteva non esserlo visto il nome del regista, è la camorra; è lei che tiene in scacco Peppino/Semeraro, ne sfrutta le capacità, lo seduce con il fascino del potere, lo tranquillizza, gli riserva lo stesso trattamento che Peppino riserva al giovane allievo, lo corrompe.
Straordinaria l'interpretazione del "piccolo" Ernesto Mahieux, attore proveniente dal teatro e dalle sceneggiate napoletane di Mario Merola, a rappresentare magistralmente l'ambiguità del personaggio di Peppino, direi sufficiente quella di Valerio Foglia manzillo esordiente un pò impacciato ma con buone potenzialità, opinabile la prova di Elisabetta Rocchetti, sinceramente mediocre e poco credibile, forse unico neo di un prodotto decisamente buono.