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THE WIRE - STAGIONE 2 regia di Joe Chappelle, Ernest R. Dickerson, Clark Johnson, Ed Bianchi, Steve Shill, Daniel Attias, Timothy Van Patten, Agnieszka Holland, Brad Anderson, altri

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hghgg     9 / 10  17/01/2017 22:50:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sebbene ritenga "The Wire" una serie di rara coerenza narrativa capace di mantenere identici standard di scrittura e qualità per tutte le cinque stagioni, quasi fosse un unico grande blocco narrativo, ci sono alcuni piccoli dettagli che sbilanciano la mia personale preferenza proprio verso questa seconda stagione:

1) Nei titoli di testa troviamo questa volta la versione originale di "Way Down in the Hole" di Tom Waits, tratta da uno dei suoi molti album capolavoro, "Frank's Wild Years". Versione ovviamente inarrivabile soprattutto per le evitabili cover delle tre stagioni successive.

2) Questa è la stagione del porto di Baltimora, dei traffici con i greci e ovviamente è la stagione dei sindacati portuali. Scavando in mezzo alla melma mostrataci da Simon, qui ho trovato il più disperato grido d'umanità di "The Wire", nelle varie scelte narrative, nella storia, nei nuovi e vecchi personaggi. Da un punto di vista emotivo, se escludiamo l'ultima puntata in assoluto della serie, probabilmente la stagione che ha raccontato del porto e dei sindacati è quella che mi ha coinvolto, appassionato e perché no anche commosso di più.

3) Questa, ovviamente, è la stagione dei Sobotka. Di Frank Sobotka, soprattutto. Se ho scritto quelle cose qui sopra è in buona parte merito suo, un personaggio di una sconvolgente, desolante e disperata umanità e sottolineo, lo è nel bene e nel male. Un personaggio, semplicemente, vero e per questo un personaggio bello. Tutto qui. Per me Frank Sobotka resta il miglior personaggio tratteggiato in questa serie piena di grandi personaggi, perché racchiude in se tutta la profonda umanità che traspare dalla serie di Simon, basta andare un poco oltre all'apparenza "fredda" dello stile realista. Ma come si può definire fredda una serie con un personaggio così.

Senza nulla togliere a suo nipote Nick o a suo figlio Ziggy, personaggi bellissimi e umanissimi, semplicemente in balia della vita.

Ovviamente non viene dimenticata quella che nella prima stagione fu la trama principale, lo spaccio di strada al centro di Baltimora, la banda di Barksdale e Stringer Bell, gli affannati tentativi della Sezione Operativa, riformatasi per le indagini sul porto e Sobotka, di incastrarli e tenerli sotto controllo.
C'è un altro personaggio molto bello e molto umano, D'Angelo, che va incontro al suo destino. E un altro ancora molto umano, ma nell'accezione più negativa del termine, come Stringer che cresce esponenzialmente e diventa sempre più importante, e spietato. C'è tanta roba nella parte ancora dedicata alla strada ma è ovvio e inevitabile che l'attenzione dello spettatore e della stessa scrittura sia incentrata sulle vicende portuali.

Una cosa che mi piace tantissimo di "The Wire" è il suo mescolare sempre le carte, sempre. Mescolare i personaggi, i protagonisti, il loro minutaggio, ad esempio. Una Greggs o un McNulty possono essere onnipresenti in una stagione e molto meno attivi in quella dopo. E poi ogni stagione mantiene un filo diretto con la guerra centrale al traffico di droga in strada e parallelamente analizza una situazione sempre diversa: il porto e i sindacati, politica e modernizzazione della figura del gangster, il sistema scolastico, la stampa e il giornalismo. Simon non risparmia nessuno. Sublime.

C'è anche Beatrice "Beadie" Russell, che si unirà come collaboratrice alla Sezione Operativa. Personaggio centrale in questa stagione, tornerà marginalmente nelle ultime due, pur con un ruolo fondamentale nella vita di Jimmy McNulty.

Proprio le interazioni di Beadie con Frank Sobotka rappresentano alcuni dei momenti più belli della storia del porto di Baltimora qui narrata.

E davvero tutto lo snodo narrativo del porto e dei sindacati ha tanti, tanti momenti davvero belli, crudi, amari, emozionanti, forti, disperati, con un crescendo finale di una potenza e di un'amarezza che mi hanno messo K.O.

MI ha commosso, il finale di Frank Sobotka, che noi spettatori, ma non lui forse, avevamo capito essere inevitabile, ineluttabile. In una sequenza con crescendo di tensione e forza emotiva semplicemente enorme per capacità di scrittura e regia. Lacrime. Per la serie "Se questa è una serie fredda lì c'è la marmotta che incarta la cioccolata". Umana. Davvero.

Un plauso all'interpretazione di tutti, degli attori già visti e dei nuovi. Un plauso soprattutto ad un intenso Chris Bauer nei panni di Frank. Bravissimo. Talmente bravo che voglio ricordarlo soltanto in questo ruolo, nei panni di uno dei personaggi più belli mai scritti per la televisione e non in quelli di uno dei più brutti, mai scritti per la televisione, visto qualche anno dopo.

Per finire, impossibile non ricordare anche le parti più ritmate e divertenti, nell'ambito della criminalità di strada di Baltimora e della parte sui Barksdale, semplicemente strepitoso ancora una volta il grande personaggio di Omar Little, che forse raggiunge il suo apice "càzzone" nella puntata in cui testimonia al processo contro Bird, alleandosi con McNulty e Moreland e di fatto permettendo la condanna di Bird.

Impagabile davvero la "squadra" formata da Omar, McNulty e Moreland, da morire dal ridere (Omar e Jimmy McNulty d'altronde sono altri due personaggi da lode).

Insomma, ci sono davvero tanta tanta umanità, amarezza e carne al fuoco in questa strepitosa seconda stagione di "The Wire" ma, in fondo, è ciò che caratterizza in toto questa serie.

Chiudo, sulle note di questo brano indimenticabile https://youtu.be/1wZZu93VsNA