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THE WIRE - STAGIONE 2 regia di Joe Chappelle, Ernest R. Dickerson, Clark Johnson, Ed Bianchi, Steve Shill, Daniel Attias, Timothy Van Patten, Agnieszka Holland, Brad Anderson, altri

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Terry Malloy     9½ / 10  05/03/2014 22:54:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non la migliore, ma la stagione dei portuali rimane impressa e occupa uno spazio unico e tutto suo nella storia di Baltimora vista dagli occhi degli agenti della squadra operativa di Daniels.

Tutto parte da Beatrice. E' la serie più lurida (rubo l'aggettivo), più proletaria, più popolare, più focalizzata sul problema del lavoro. I personaggi che la dominano sono eroi popolari visti senza alcuna spettacolarizzazione ideologica. Ma dietro il lavoro, c'è sempre la vita. Poche cose a dir la verità: facilmente si scivola dalle tremende colazioni a base di uova e birra, dalle madri che ti svegliano pestando i piedi sul pavimento, dalle leggende su chi scaricava meglio le navi, dalle ragazzate, dai ricordi di Ziggy e Frank ("Mi ricordo tutto, papà"), da queste cose ordinarie e meravigliose si passa alla debolezza, a essere animali braccati da animali più equipaggiati, più furbi, più potenti, più inumani, l'illusione dell'etnia è per l'appunto un'illusione. Non ci sono greci, non ci sono polacchi. Comincia quella poetica del macabro che contraddistingue questo capolavoro, a partire dai corpi delle prostitute fino ad arrivare alla sublime frase di Frank "Due polacchi vecchi e senza capelli, che differenza fa?" (sic) e ovviamente alla scena finale sulla banchina. C'è una poetica della notte, con alcuni tra i notturni più intensi mai scritti, dalla passeggiata di Ziggy e Frank, fino alla lamentazione di Nick ("Al college non ci sono cogli0ni!"), poi l'imbarazzato (primo) incontro tra Bidi e McNulty, o l'ultimo sguardo di Kima e Cheryl alle prostitute senza nome e senza vita. C'è una poetica del camminare senza meta davanti al mare, ricordando un mondo descritto in una decina di puntate, un mondo piccolo in fondo, lì a Baltimora, nella zona del fiume Patapsco, al porto, c'è qualcuno che si prende cura, e chi fa solo finta. Si arriva fino al tema della cura, dal personaggio di Bidi fino, paradossalmente, al maggiore Walcek. Se la sua indagine fosse partita prima, forse le cose sarebbero andate diversamente. E forse Walcek, per un attimo lucido dall'orgia di potere che è la sua sterile esistenza, se ne accorge.

"Stron.zo d'un Frank. Hai finito di rompere i ******** ora"

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BlackNight90  06/03/2014 00:28:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La seconda è la mia stagione preferita per questioni affettive, ho adorato la famiglia Sobotka tutta, anche se in effetti rispetto al resto di The Wire sembra un mondo a parte.
I tuoi commenti sono degni di questa serie, grande Terry.
Terry Malloy  06/03/2014 15:58:34Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie Black, ti dirò che anche io sono particolarmente legato a questa stagione, forse così bella perché così slegata dal resto. Come se si volesse raccontare qualcosa che ci distacchi dai dipartimenti di polizia e dalle strade per raccontare una vera storia di lavoro e di crimine. La Famiglia Sobotka è degna delle migliori storie/saghe familiari della letteratura, indimenticabili alcune scene come il dialogo tra i due vecchi fratelli Sobotka, quel profondo affetto, ma anche quella profonda differenza tra i due, Frank, un uomo disposto a tutto per realizzare i (suoi) sogni di un'intera collettività di lavoratori, e l'altro, Louis, lavoratore "pezzente", ma onesto.
"Guardati, hai una macchina sfasciata, una casa con elettrodomestici vecchi di 25 anni."
"Vivo con ciò che mi sono potuto permettere col mio lavoro"
"Credi che questo ti renda più nobile?!"
"No, non nobile. Onesto"

Un pezzo di cinema e di letteratura assolutamente straordinario,