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THE WIRE - STAGIONE 3 regia di Joe Chappelle, Ernest R. Dickerson, Clark Johnson, Ed Bianchi, Steve Shill, Daniel Attias, Timothy Van Patten, Agnieszka Holland, Brad Anderson, altri

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Terry Malloy     9½ / 10  05/03/2014 23:11:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La città è un animale che vive di giorno e di notte. Ogni stagione di The Wire è un ritorno all'uno o all'altro periodo. Con la terza si torna alla luce del sole, e si comincia a osservare cosa fanno gli uomini e le donne di Baltimora nella luce accecante del giorno. Una luce simbolica, bellissima, una fotografia indimenticabile, di quelle che vedi nei giorni tersi d'inverno e di primavera, quando cammini per la tua città e pensi che vada tutto meravigliosamente bene. The Wire ha il dono di andare proprio a scovare chi, nella sua vita di cui non saprai mai nulla, sta contribuendo a renderla la città con i tassi di omicidi più alti del Paese, un deficit scolastico (lo vedremo) altissimo, e una situazione kafkiana nel mondo della giustizia che porta la polizia a scoprire tutto e a non poter fare niente. Queste persone detengono esercizi commerciali del tutto legali, sono "banche", leggono opere complesse e vanno al college, oppure sono senatori, avvocati, finanziatori di campagne elettorali, politicanti insondabili, uomini che hanno scommesso sulla rovina dei propri concittadini. E l'aspetto sorprendente è che gli unici ad avere l'idea di cooperare sono i criminali. Nell'altro mondo, quello pulito della corruzione più becera e spregevole, ci si fa le scarpe e si sciacalla su tutti. Proposition Joe comincia a illuminarsi di una luce strana, esattamente come il mitologico Maggiore Colvin, il primo a spezzare le righe di un sistema marcio ma elastico, che incasserà il colpo, ma alla fine lo restituirà più forte che mai, allo stesso Colvin, un personaggio perfetto, costruito senza il rischio di alcuna fascinazione. La sua ricompensa (perché no?) verrà, inaspettata, più avanti.

La terza stagione, pur mantenendosi su livelli altissimi, rappresenta solo il necessario raccordo tra le prime due e le ultime due. Per questo, The Wire è un'opera di prima grandezza. Sa aspettare, senza rischiare di voler impressionare. Uno sfizio me lo tolgo: miglior finale di stagione, con una "Fast train" cantata da Solomon Burke e Bubbles e Colvin che fissano un cumulo di macerie. Il rimando tra la distruzione delle Torri e quello di Amsterdam, come un iperbato a cornice, chiudono la fase idilliaca di The Wire. Ora cominciano le botte vere.