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THE WIRE - STAGIONE 5 regia di Joe Chappelle, Ernest R. Dickerson, Clark Johnson, Ed Bianchi, Steve Shill, Daniel Attias, Timothy Van Patten, Agnieszka Holland, Brad Anderson, altri

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Terry Malloy     10 / 10  05/03/2014 23:51:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un salto in più, se possibile, rispetto alla precedente. Qualcosa che si poteva prevedere, ma a cui ancora il tuo cervello non era abituato.

L'eterno ritorno dell'uguale.

Siamo abituati a concepire una storia, o in generale La Storia, come qualcosa di unico e irripetibile. Siamo abituati a concepire addirittura noi stessi come unici e irripetibili. Ma non è così. Perlomeno non a Baltimora.
The Wire è documentaristico. Questo lo dicono tutti. Ma in cosa lo è? Lo è nell'aver negato il personaggio. McNulty, Bunk, Daniels, Omar, Bubbles, Marlo, Chris e Snoop, Michael sono eroi di una storia. Ma la storia deve finire, e la loro vita deve continuare, respingendoli nell'anonimato che li contraddistingue. I loro connotati si perdono nelle maglie della società e della storia che li fagociterà. Ma ne verranno altri, a sostituirli, avranno un diverso nome, una diversa faccia, ma questo non conterà perché tutto sprofonda nelle sabbie del tempo, e non abbiamo memoria, siamo brevi luci su questa terra indiavolata e assurda. Il nostro affaticarci per un ideale diventa così insensato che alla fine ognuno comincia a barare, a inventare pur di avere una verità da raccontare. Ma in fondo la nostra vita non si differenzia tanto da quella dei barboni, spesso portatori di storie che sarebbero meritevoli di essere tramandate nella coscienza della nostra storia, su tutte quella di Bubbles. Tutto muore (anche simbolicamente - The Body of An American) e si rigenera, ed è sublime, meraviglioso notare i parallelismi, e immaginare, fantasticare un'altra storia come questa.

Il finale di una serie che non si scorderà mai rimane amaro e ricolmo di poesia come è sempre stato The Wire. C'è un lirismo senza fine che accompagna questi personaggi, Bunk, Kima, McNulty, Daniels, Ronnie, Lester, Duki, Prez, Colvin e Nemond, Michael, Cutty, Bidi, Bubbles, Jay, Sidnor, Herc e Carver, ma in fondo anche i mitici Bodie e Putt, Avon, String, Bay, Slim, Prop Joe, Marlo e i suoi, Burrell e Rawls, Carcetti, Clay Davis, l'avvocato Levy, e poi tutti gli altri, i giornalisti del Baltimore Sun, gli alunni e i professori della scuola nella quarta stagione, gli uomini politici, tutti, tutti i personaggi che ti hanno accompagnato in un viaggio-indagine sublime all'interno degli splendori e delle miserie di una città, Baltimora, che è un po' la città di D.io agostiniana, ma anche e soprattutto la città degli uomini. "Thin line between heaven and here", direbbe Bubbs. La vita dei re (Mencken) e dei poveracci, il senso di un'indagine che è la tua stessa vita, come Kafka insegna, quel farsi partecipe delle sofferenze del mondo, come giornalista, poliziotto, uomo, marito, politico, padre di figli che non sempre sono tuoi, quel senso gigantesco di Partecipazione che non porterà magari la pace che tutti sognano, ma che illuminerà ogni parte della città, dagli angoli delle strade, ai luoghi fantasma, divorati dal tempo e dalla politica, le Torri, le case sfitte, i parchi, i dipartimenti, una luce bellissima e tremenda che toccherà anche casa tua, e la tua vita con essa.