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A PROPOSITO DI DAVIS regia di Ethan Coen, Joel Coen

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Terry Malloy     8 / 10  09/02/2014 11:36:27Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una sala piena non è garanzia di qualità, e si sa bene, ma forse è anche uno di quei casi "in cui la realtà diventa metafora di se stessa", ovvero di quando due scrittori e registi di successo riescono ancora oggi a portare la gente al cinema, nonostante la gran parte di essa fraintenda continuamente il senso di un umorismo tra i più raffinati che la settima arte ci abbia donato.

E questo bel film dei Coen di pubblico parla. Continuamente. La figura centrale è così anti-eroica, c'è una tale voragine di carisma, una tale povertà sentimentale in questi uomini afflitti da un successo che non arriva che, nonostante i frequenti primi piani, i frequenti assoli, le innumerevoli figure intere di un uomo che cammina in un mondo freddo e inospitale, l'attenzione si sposta verso chi ascolta Llewyn e le sue bellissime e stranissime ballate. Pubblico di ogni tipo, pubblico violento ("Mia moglie su quel palco cercava di cantare una canzone"), pubblico cinico (un invecchiato Benny DeFazio dai Soprano), pubblico vecchio e impassibile, nonché incontinente, pubblico addormentato, pubblico nostalgico (forse l'aspetto centrale del film), pubblico in penombra, nell'unico posto dove ti è concesso suonare.

Sullo sfondo, e forse dovrebbe essere in primo piano, l'inquieta vicenda umana di un ragazzo che si è lasciato tutto alle spalle per inseguire un talento, eccezionale, ma "acerbo" per i tempi, un sogno spezzato prematuramente con un suicidio anti-tradizionalista. "E' un buon consiglio", rimane da dire. Ma rimane anche un probabile figlio di due anni, probabilmente più bellino di quello mostrato in foto da due improbabili accademici newyorkesi, un aborto, una donna isterica che non si capisce come mai lo sia, un nave che sta salpando, lontano dal successo imminente di Robert Zimmermann.

Pensavo che a un film dei Coen è difficile affezionarsi. Ma qualcosa del loro umorismo, delle loro essenziali battute di spirito, che vanno in profondità nel fare emergere la grammatica dei nostri sentimenti rinchiusi in un corpo battuto dai venti, dal gelo e dalla privazione del sonno ("Pensavo che si sarebbe risolto con una bella dormita"), ti rimane dentro una volta che lo schermo è diventato nero. Quindi ti affezioni a un fare cinema, che è popolare e sofisticato allo stesso tempo. Le risate della sala non le ho condivise, a volte avrei preferito piangere, e non voglio fare semplice snobismo intellettuale. Ho sorriso in alcuni punti, quasi riconoscendo la sommessa consonanza di me stesso con il personaggio di Llewyn, ma nient'altro. Sono uno degli spettatori silenziosi e in penombra di una canzone e di una storia che se non è mai stata nuova e non invecchia mai, allora è una canzone folk. O è il cinema assurdo e dolce dei fratelli Coen.