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LA MIA DROGA SI CHIAMA JULIE regia di Francois Truffaut

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Invia una mail all'autore del commento anthonyf     8 / 10  25/06/2012 12:23:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Un film di Truffaut originale e poetico, molto complesso e difficile da giudicare, in quanto si discosta completamente dagli schemi narrativi del melo-dramma o ancor più del giallo classico, mantenendo, tuttavia, punti di contatto con il movimento culturale e cinematografico della Nouvelle Vague, di cui Truffaut, assieme a Resnais, Chabrol e Godard, ne è stato il maestro. Una delle tante particolarità del film che salta subito agli occhi è l'ambientazione: tralasciando la Francia, molto tipica e cara a Truffaut, notiamo che nella prima parte, la storia si snoda nell'isola di Réunion, dove Louis Mahé, il protagonista, possiede una fabbrica di tabacco coltivato. Da segnalare è anche la presenza di uno straordinario Belmondo, tuttavia in una interpretazione riuscita, ma MAI VISTA PRIMA. Lo abbiamo apprezzato nei ruoli ironici da duro, come in "Borsalino" oppure in quegli più ambigui e spietati, in stile "Lo Spione", o ancor più in quelli tenebrosi ed affascinanti, come in "Mare matto" di Castellani, ma Truffaut riesce a infondere nella sua recitazione, quella calma, nonostante la drammaticità degli avvenimenti, quella pacatezza, semplicemente unica. Molto brava e sensuale é la Deneuve, nei panni della 'femme fatale' di turno, apparentemente senza pietà. Strepitosa anche la prova recitativa di Michel Boquet, un grande artista dalla formidabile forza espressiva.
La storia si segue tranquillamente, nonostante la sua originalità, tipicamente della "Nuova Arte", e l'epilogo sulla neve, omaggio a "Tirate sul pianista", è molto poetico.
Truffaut dimostra ancora di essere un grande regista, di notevole talento e poesia... se poi ha a disposizione un Belmondo in una performance mai vista e sconosciuta al pubblico e una Deneuve bellissima e al tempo stesso ambigua nel suo personaggio, ancor meglio.