caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

NYMPHOMANIAC - VOLUME 1 regia di Lars von Trier

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki     8 / 10  17/06/2014 14:07:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una delle opere più ricche e riuscite di Trier (personalmente le posso contare sulle dita di una mano restando comunque larghi), affidato alla narrazione di Joe e Seligman, novelli Emmanuelle e Mario, per chi ha masticato la saga di Emmanuelle della compianta Kristel, danno vita ad un pamphlet verbale sul sesso, il 1° volume è un'indagine documentaria e sociologica sulla genesi del piacere, dagli albori all'estinzione di ogni segnale orgasmico. Ci conducono lungo le tappe di una dipendenza, tra aforismi di vita, metafore che spaziano dalla pesca, uomini che abboccano, alla gastronomia, la rugelach, la forchetta da dolce, citazioni (anche auto tanto per crogiolare il suo ego, ha modo di rievocare l'incipit di 'Antichrist'), funebri e non a Poe, c'è un parallelo sul suo decalogo Dogma, una ribellione nei confronti dell'amore colpevole di essere un movente più seminato nei delitti di quanto lo siano quelli a sfondo sessuale.
Addirittura spazia nella proporzione divina nell'arte, anche per esibire una conoscenza personale che spazia e sconfina in ogni campo, numerologia che sembrano ricordare il tediante ultimo capitolo, una 60ina di pagine di 'Guerra e Pace', in cui Tolstoj ammosciò il lettore tra matematica e teologia.
Finale quasi da serial ammicca il cliffhanger allacciandosi al 2° volume, è un Trier più complesso ma ordinato, audace lo è sempre stato, doveva andare oltre e lo ha fatto con scene esplicite (passo che osò anche in 'Idioti') non erotiche o sensuali ma carnali, libero da ogni retaggio, Dreyer e Tarkovskij riposti momentaneamente in un cassetto, il formalismo c'è ma risulta pertinente. Se appassionante è, il merito va anche ad alcune trovate estetiche, come il puzzle mentale di Joe ricercando negli altri passeggeri del treno componenti di Jerome. Mai amato, troppo compiaciuto, ego smisurato, sperimentalista di forma peccando di sostanza (troppe volte esibiva filosofia spicciola), sceneggiature trascurate, concept reiterati prosciugati da ogni novità, ma stavolta ho avuto la sensazione di un dosaggio più oculato nei suoi disparati riferimenti, autore non più a 180°, finalmente inizia a camminare con le sue gambe i suoi temi, questa trilogia della depressione seppur nata da un tributo al sovietico è indubbiamente la più personale del danese.