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MAPS TO THE STARS regia di David Cronenberg

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Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki     8 / 10  25/10/2014 13:23:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La carriera di Cronenberg percorre la sua fase più mutevole intervallata da opere narrativamente più classiche a quelle più distintivamente autoriali, l'ultima 'Cosmopolis' attraverso il post-modernista DeLillo aveva compiuto una delle trasposizioni più ostiche nella storia del cinema, al pari di Naked Lunch, riportandoci a quei scervellamenti tra mondo finanziario ultratecnologico, paranoia da complotti e flusso di coscienza, un apologo sul capitalismo.
Con 'Maps to the stars' riprende il taglio classico della narrazione, un gioco di vite che finiranno con l'intrecciarsi e stritolarsi, ricorda gli affreschi di Altman. L'affresco di Cronenberg sullo star system hollywodiano è impietoso, i tanti topoi sull'apparire e sul divismo cinicamente riassunti (sul divismo si era già speso il figlio nella sua opera prima), ruotando fondamentalmente su 3 personaggi Benjie, il classico bambino prodigio a cui non mancherà la tappa della tossicodipendenza, Havana ambiziosa di intraprendere un ruolo che è stato della madre (con tanto di frecciatina ai remake, e su chi molestamente ne snatura l'originale) e Agatha piromane incestuosamente ossessionata dal fratellino che cerca redenzione, tutti collusi nei loro demoni allucinatori, scheletri che puntualmente fuoriescono a tormentarli, ciò che ne esce fuori è un concerto grottesco, permeato da quella cinica e beffarda ironia alla MacFarlane con tanto di continui rimandi a mo' di lista della spesa a varie raccomandazioni o gratificazioni su conoscenze dell'odierno mondo televisivo, scorretto come nella scena della Moore intenta ad evacuare con la porta aperta (fa il paio con quella di Lyndon Johnson in The Butler dell'anno scorso con la servitù sull'uscio della porta).
Holywood in carne e ossa, con la Walk of fame, la Hollywood sign, la Hollywood Boulveard, i set, la gita sulle ville delle star, Sunset Boulevard e proprio come 'Viale del Tramonto' non mancheranno i cadaveri in piscina.
La Wasikowska qui rievoca la deturpata Rosanna Arquette di Crash, il cui corpo è seminato di cicatrici da ustione, l'ho trovata migliorata, molto in parte a differenza di altre occasioni in cui si muoveva su soggetti più classici (Austen) o burtoniani (Alice). Per la Moore 'Havana' è un personaggio in cui prevedibilmente avrebbe espresso tutto il suo repertorio, non fa che scimmiottare se stessa, sopra le righe anche se per quest'anno sembra abbastanza lanciata in altre lidi 'Still Alice' in una parte più sociale opposta all'Alzheimer.