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HAPPY TOGETHER regia di Wong Kar-wai

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amterme63     6 / 10  07/12/2006 19:56:21Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Questo film si distingue non tanto per il tema trattato (il difficile rapporto omosessuale fra due ragazzi sbandati di Hong-Kong che cercano di sbarcare il lunario in Argentina) ma per il modo in cui viene raccontata la storia. In questo film significato e mezzo espressivo sono molto legati fra di loro.
Il film ha una struttura narrativa anticonvenzionale (per non dire un po’ caotica). Uno dei personaggi sembra la mente narrante della scarna vicenda (introduce e conclude la “storia” e interviene ogni tanto come voce narrante) ma poi il film si struttura come una serie quasi illogica di scene spezzate, di avvenimenti spesso insignificanti, scarsamente legati fra di loro. Alcune scene sono girate in bianco e nero, altre controsole; si cerca volutamente di evitare tutto quello che può “abbellire” o caratterizzare l’ambiente. Siamo in Argentina ma c’è un po’ poco di argentino. Gli ambienti sono anonimi, degradati, scuri.
Alla povertà scenografica fa riscontro anche la povertà della storia narrata. I due ragazzi conducono una vita sbandata, degradata e soprattutto disperatamente vuota. Il vuoto, il nulla, la noia, l’abbruttimento sono i protagonisti del film. Il disordine morale e sentimentale si riflette anche nel “disordine” estetico che caratterizza il film.
Indifferenza a tutto, assenza completa della società, mancanza di ogni valore, solitudine, aggressività gratuita, sono un po’ i motivi che “animano” i film degli anni ’90 e ne “uccidono” le strutture narrative (basti pensare al filone dei “pulp”).
A parte la bandiera di “anti-eroe maledetto” che “nobilita” i personaggi (buttano via le bottiglie dove capita capita, sono volutamente violenti e maleducati …) e che appassiona le generazioni giovani, c’è ben poco contenuto in questo tipo di film, che gira solo su se stesso. Il “vuoto” ha significato e ha un suo ruolo se è in contrasto e in rapporto con la società, se svela aspetti nascosti di TUTTO il reale. Questo film, come gli altri, è un esercizio stilistico che lascia il tempo che trova. In fondo è molto più facile identificarsi in una “vittima” che si distingue, piuttosto che in una persona ordinaria che cerca di fare qualcosa di solidale con tutte le altre “vittime” del tempo che viviamo.