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TABU' - GOHATTO regia di Nagisa Oshima

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BlackNight90     8 / 10  02/09/2010 03:03:03Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Quasi settantenne e costretto sulla sedia a rotelle Oshima, il regista che ha passato tutta la vita d infrangere tabù, dirige quello che sarà il suo ultimo film, caratterizzato dalla ripresa delle tematiche/ossessioni che sempre hanno accompagnato il regista suggellate da un afflato di morte che sembra definitivo, quasi a comporre il suo testamento registico.
Oshima qui racconta la Storia senza interessarsi ad essa, distrugge un’istituzione radicata nella cultura giapponese senza suscitare scandalo, ma evidenziando un senso di decadenza che avvicina invece di allontanare l’oriente all’occidente: con un'ironia a tratti contenuta, sottolineata dalle morbide e maliziose musiche di Sakamoto, a tratti micidiale, narra la storia di un universo umano oppresso dal gohatto, il codice militare dei samurai, ancora una volta espressione di una sessualità repressa dal formalismo militare che sfocia in un'omosessualità derisa ma sotto sotto accettata con ipocrisia e furbizia da quelli che detengono il potere fintantoché questa non vada a cozzare con il servilismo e l'obbedienza loro dovuti.
Kitano, se in Furyo era un semplice esecutore della costrizione militare ma tuttavia riusciva ad assumere un punto di vista diverso, qui si ritrova ad essere un testimone smarrito e pieno di dubbi di un mondo le cui certezze crollano miserevolmente sotto la potenza dell'intima natura dell'uomo, in cui per di più la bellezza non può trovare posto anzi, è essa stessa portatrice di insidie e di morte (lo scopo dichiarato di Kano è imparare a uccidere, egli è sia vittima che carnefice).
I precedenti film di Oshima, nonostante avessero una componente più dolorosa e significativa nello scontro tra Eros e Thanatos, che li rendeva anche più belli, erano una celebrazione della vitalità (anche se nel soffocante capolavoro 'La cerimonia' la morte faceva sentire eccome la sua presenza), Gohatto è un film ambiguo e pessimista in quell'immagine con cui si chiude, in quella morte doppia, sia fisica che metaforicamente rappresentata da un ciliegio in fiore che risplende nell'oscurità.

P.S evitate il doppiaggio italiano.