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IL MONDO FINO IN FONDO regia di Alessandro Lunardelli

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Invia una mail all'autore del commento LukeMC67     5 / 10  08/06/2014 12:12:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'imbarazzante domanda che "sorge spontanea" al termine della visione di questo maldestro simil-roadmovie è: "Ma bisognava arrivare alla fine del mondo per dichiararsi gay?". Se il tema di questo film fosse stato la difficoltà di vivere scopertamente la propria omosessualità all'interno di una famiglia medio-ignorante italiana nel 2014 e se questa fosse stata una metafora per esprimerla, avremmo potuto essere di fronte a un capolavoro, invece... Purtroppo Lunardelli, indubbiamente dotato di ottima padronanza tecnica e di una notevole capacità di direzione degli attori, si prende troppo sul serio e finisce col far la figura del primo della classe che sa di esserlo (e di meritarlo), ansiosissimo di dimostrare quanto è bravo e quanto è superiore agli altri. Così cade rovinosamente nell'errore di quasi tutti i principianti: pensare alla propria opera prima come l'Opera Omnia della sua vita infilandoci tutto e il suo contrario.
Il risultato terribile è che il tema che avrebbe dovuto essere principale scivola inesorabilmente in secondo piano precipitando addirittura nel ridicolo; gli altri spunti interessanti del film (i rapporti intra-familiari, la gestione di una media azienda, la selezione sulla base della competenza della classe dirigente, il ricambio generazionale, il rapporto tra culture diverse e in particolare il comportamento dell'italiano medio all'estero, il disinteresse culturale e politico, il calcio come elemento universale di empatia ma anche di totalizzazione e annientamento culturale, l'ecologismo d'attacco, le dinamiche di gruppo, il vissuto dei sentimenti, i conti mai chiusi dai cileni con la dittatura di Pinochet) finiscono inevitabilmente per essere evocati e, al più, tratteggiati ma senza alcuna possibilità di approfondimento, sia pur minimo. Ovvio: neanche Kubrick o Antonioni o Bertolucci sarebbero stati capaci di fondere tanta materia eterogenea in una narrazione di appena un'ora e trentaquattro minuti!!! Narrativamente e cinematograficamente l'unica parte davvero riuscita del film è il personaggio dell'ambiguo tassista cileno Lucio, condensato perfetto di tutte le contraddizioni della storia di quel martoriato Paese latino-americano. Sul resto, però, è bene stendere un pietosissimo velo.
Peccato, veramente peccato: se Lunardelli avesse fato voto di umiltà e avesse scelto uno, al massimo due o tre di quei temi e li avesse sviscerati a fondo, avremmo potuto essere di fronte a un piccolo capolavoro. Tecnicamente, come dicevo, il film è pregevole: ottima la regia, la fotografia, il montaggio, le location scelte, il suono. Ottimi gli attori che, pur nella ristrettezza degli spazi entro cui potevano muoversi, hanno dato davvero il meglio di sé: Scicchitano riesce in particolare nella suprema acrobazia di dare spessore almeno ai sentimenti del suo altrimenti inverosimile personaggio, ma lo stesso si può dire di Alfredo Castro, come detto l'unico personaggio davvero riuscito bene di tutto il film. Del tutto dimenticabile invece la colonna sonora, altro limite inaccettabile per un preteso road-movie: consiglio modestamente al regista la visione di qualche film di Wenders. Decisamente insufficiente e causa di tutti i limiti e i mali della pellicola, la sceneggiatura: proprio su questa Lunardelli farebbe bene a ripassarsi le grandi lezioni dei Maestri della Commedia all'Italiana, a leggersi Eduardo, a vedersi Haneke, Kubrick, Bertolucci. E a pensare che raccontare una sola cosa ma bene non significa non essere bravi. Anzi, l'esatto contrario.