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LE CROCIATE regia di Ridley Scott

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kafka62     5½ / 10  18/04/2018 13:47:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Cinque anni dopo "Il gladiatore", Ridley Scott realizza un film che non solo ambisce a replicare il grande successo di pubblico di questi, ma si propone quasi come un suo seguito ideale: se nella pellicola ambientata ai tempi dell'Impero Romano il protagonista Massimo, uno schiavo di nobili origini, era infatti capace di innalzarsi fino a diventare imperatore, ne "Le crociate" il maniscalco Baliano riesce similmente a trasformarsi in un eroico cavaliere, sul cui coraggio e sulle cui abilità è affidata la difesa di Gerusalemme assediata dai seguaci di Allah. E' evidente che, come ne "Il gladiatore", a Scott non interessa molto la verosimiglianza: "Le crociate" è soprattutto un film di avventura, con una trama avvincente, azioni spettacolari, grandiose scene di massa, personaggi semplici e psicologicamente ben delineati, e un eroe senza macchia e senza paura che, a forza di duelli ad armi bianche e ad altre esibizioni muscolari (ma diciamo subito, per essere giusti, che il fisico di Russell Crowe – a torso nudo o in tenuta da combattimento - era ben altra cosa rispetto a quello del pur volenteroso Orlando Bloom), conquista la bella regina di turno. Sbaglia quindi chi vuole vedere "Le crociate" come un film storicamente attendibile, con ambizioni revisionistiche circa il ruolo e le responsabilità dell'Europa cristiana nelle tanto contestate guerre da essa combattute per riconquistare e poi difendere il Santo Sepolcro. In questo senso il film di Scott è un po' come "Il codice Da Vinci", un'esca per gonzi, una trappola abilmente costruita per far gridare allo scandalo chi si adonta nel vedere gli islamici saggi, il Saladino per nulla feroce, e al contrario i Templari violenti e sanguinosi, e i vescovi pavidi e imbelli. Tutto questo è infatti la mera cornice di un'opera che ben potrebbe essere ambientata ai tempi di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda senza perdere nulla del suo (peraltro non eccelso) fascino. Se proprio un motivo di riflessione si può trovare in questo film tutto sommato politically correct (alla fine, sia pure dopo una cruenta carneficina, prevalgono infatti non le velleità di guerra e di vendetta, ma le opposte esigenze di buon senso e di umanità), esso risiede nella volontà, in un periodo di preoccupante contrapposizione ideologica a livello mondiale, di gettare acqua sul fuoco di tutti i fondamentalismi, a beneficio di una tolleranza che sappia mettere in secondo piano ogni pretesa di supremazia culturale e religiosa. A chi pensa che questa sia solo una puerile utopia è facile replicare che questo oggi passa il convento hollywoodiano: che si tratti di film in costume o di fantascienza, di western o di polizieschi, di affreschi storici o di saghe familiari, alla fine a prevalere su ogni pretesa di realismo ideologico è sempre e solo una tutto sommato innocua critica no global e, ovviamente, l'amore.