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LA SIGNORA DI SHANGHAI regia di Orson Welles

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hghgg     8½ / 10  05/02/2014 13:25:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'hanno osteggiato, ostacolato, gli hanno tagliato i fondi, gli hanno troncato intere scene, hanno continuamente tentato di tarpargli le ali e, in parte ci sono anche riusciti; tutto perché con il suo film d'esordio aveva cambiato, rivoluzionato e rinnovato il Cinema, aveva dato il via alla cinematografia moderna, si era spinto, per i cinefili "benpensanti" dell'epoca, fin troppo oltre. Eppure il genio cinematografico di Orson Welles era tanto da non poter mai essere completamente bloccato, trovava sempre il modo di venir fuori, prima o poi, durante un suo film. Anche qui, in questo gioiello che se fosse stato completamente gestito da Welles (a proposito, ecco un altro motivo per cui amo la "New Hollywood" l'auto-gestione totale delle proprie opere da parte dei registi) sarebbe stato un vero e proprio capolavoro.
Si tratta comunque di un grandissimo film, che pecca solo in una sceneggiatura per forza di cose a volte troppo confusa e traballante nella prima parte, che non riesce a rendere chiaramente la complessità e la raffinatezza dell'intreccio di base, e un montaggio raffazzonato e di pessimo gusto e qualità (certo, non ai livelli dello schifo perpetrato ai danni de "L'orgoglio degli Amberson") che spezza il ritmo e rende la visione non sempre chiara e liscia come l'olio. Ma nella parte finale il genio di Welles esce comunque, potente e preponderante, inarrestabile come uno tsunami. Tutta la sequenza del processo è eccellente e addirittura sublime è il finale con la celeberrima sequenza nella sala degli specchi, meraviglioso e luminoso esempio di pura arte cinematografica dove la tecnica registica di Welles tocca ancora una volta punte vertiginose, con una sequenza e uno stile di inquadrature che personalmente inserisco tra i più bei momenti e tra le più belle sequenze della storia del cinema (questa mia personale lista è a dire il vero bella piena di Orson Welles). Il tutto accompagnato anche dall'ottima performance degli attori, lo stesso Welles in primis ovviamente, completo ed eccellente come attore quasi quanto lo fosse come regista ci regala un'altra splendida interpretazione sotto la direzione di se stesso, dopo quella immensa in "Citizen Kane". E Rita Hayworth, all'epoca ancora sua compagna di vita (per poco)... sotto la sua direzione esplode tutto il suo talento e la divina bellezza degli anni '40 ci regala la sua più grande interpretazione, bionda algida, gelida e crudele calcolatrice, la Hayworth è semplicemente perfetta. Così come lo è Everett Sloane che chiude il terzetto degli attori e personaggi chiave del film.
Un film nero, di perdizione e meschinità, di inganno e crudeltà, senza luce in fondo al tunnel, senza redenzione e senza perdono è un film che mette in mostra tutta la freddezza dell'animo umano e si chiude con un finale cupo e pessimista, amaro e senza speranza. Un finale crudo e splendido in una freddezza che alla fine si trova a dover utilizzare anche lo stesso protagonista (Welles).
Un grandissimo film dunque, peccato solo per una prima parte solo più confusa e meno riuscita che abbassa parzialmente il valore del film, purtroppo vittima dei soliti problemi di Welles con le case di produzioni, pochi fondi, tanti tagli, ma fortunatamente, genio illimitato.