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LA DECIMA VITTIMA regia di Elio Petri

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7 / 10  19/09/2014 10:27:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
In anticipo sui tempi Elio Petri racconta di una società dove la violenza è legalizzata, ogni libero cittadino infatti si può iscrivere alla Grande Caccia. Ovvero un sanguinoso torneo mondiale all'interno del quale si viene contrapposti ad un altro contendente, chi arriva ad eliminare dieci avversari ottiene onori, agevolazioni di vario tipo e soprattutto un notevole gruzzolo. Una pellicola in cui la denuncia sociale non persegue toni drammatici come in altre opere del regista ma in cui la critica verso una società in rapida evoluzione sempre più avvezza alla brutalità e alla commercializzazione estrema - in questo caso della morte, come in un reality primitivo senza filtri- non lascia indifferenti.
Non si ferma qui lo sguardo accusatorio, pronto a cogliere i cambiamenti di un mondo in cui i rapporti si raffreddano: ne vanno di mezzo famiglia e matrimonio messi alla berlina, la burocrazia più becera già impera e la spiritualità d'accatto (notevole a tal proposito la scena dei "tramontisti") prende sempre più piede, mentre gli anziani iniziano ad essere un fardello di cui disfarsi. Uno sguardo a trecentosessanta gradi quello del regista in cui ad essere centrale è l'embrione dell'individualismo più cieco sviluppatosi in seno ad un vivere "civile" incapace di controllare gli istinti più animaleschi.
Vede lontano Petri, e lo fa utilizzando due sex symbol del periodo: Ursula Andress che entra in scena danzando stile Barbara Bouchet in "Milano Calibro 9" (senza eguagliarla lontanamente nonostante l'indiscutibile bellezza) e Marcello Mastroianni con inedita capigliatura bionda. I due sono stati sorteggiati per uccidersi, lei cacciatrice, lui preda (quindi secondo le regole all'oscuro dell'identità della persona che gli dà la caccia); lei vorrebbe farlo fuori al tempio di Venere per esigenze televisive e quindi fa di tutto per attirarlo nella trappola, lui da buon cinico ed esperto tombeur des femmes non si fa irretire con facilità. Finale un po' tirato per le lunghe e qualche piccola sbavatura non indeboliscono un prodotto intelligente capace di far riflettere una volta levata la patina disimpegnata. Notevole l'utilizzo degli scenari in esterni, un plauso anche ai costumi e al mix tra pop art e avanguardia futurista per gli arredi.