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M'AMA NON M'AMA regia di Laetitia Colombani

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gerardo     9 / 10  23/03/2005 12:01:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Questo film è l'anti-Amélie. Sembra quasi che la regista abbia deciso di far interpretare alla stessa protagonista del film di Jeunet una storia concettualmente opposta per smontarlo dal suo interno, dalle sue fondamenta che sarebbero proprio Audrey Tautou, il suo sorriso innocente e angelico (non a caso il suo nome è Angelique), il suo volto sbarazzino e naturalmente portato alla favoletta con happy end e la sua inclinazione alle buone azioni. Laddove Amélie leniva con la bontà (buonismo?) la crudeltà degli eventi reali, bontà tutta proiettata in una dimensione favolistica, nel film - magnifico - della Colombani la stessa Tautou, con espressioni molto simili a quelle fumettistiche di Amélie, costruisce una propria immaginaria favola la cui trama si sviluppa in uno scenario classico di situazioni (apparentemente) melense (i sorrisi luminosi di Angelique/Tautou, i cuori rossi accesi e il tripudio di fiori...), ma che per realizzarsi non può che tendere alla crudeltà dell'azione reale. In questo ribaltamento concettuale la Colombani utilizza, appunto, tutti gli espedienti estetici di una favola, ma li corrode dall'interno e li muta di segno. Angelique/Tautou fa più o meno le stesse cose di Amélie: lavora come Amélie in un bar di Parigi, come lei s'interessa agli altri (in questo caso a un sola persona, il cardiologo oggetto del suo amore), ma l'ossessione buonista e positiva (restauratrice e ricostruttiva) di Amélie è qui diventata un'ossessione distruttiva, tendente al negativo, nonostante le (buone) intenzioni.
E' da notare come la locandina italiana del film sia stata realizzata sulla falsa riga di quella del Favoloso mondo di Amélie: stesso verde di sfondo, stessi caratteri grafici, stesso giallo delle scritte e dei contorni e stesso sorriso di Audrey Tautou, con l'indicazione ruffiana, ingannevole e allo stesso tempo beffarda "Amélie è tornata". Che questo sia un espediente commerciale per vendere non c'è dubbio, ma viene da chiedersi se non ci sia del cinismo dietro tale operazione: M'ama non m'ama si presenta come una vera e propria decostruzione concettuale sia della favola che del film di Jeunet...
Il titolo italiano "M'ama non m'ama", pur traducendo correttamente l'equivalente espressione francese "A la folie... pas du tout", perde completamente la molteplice valenza semantica dell'originale (che coincide con lo sfogliare l'ultimo petalo della margherita). In francese il detto evoca giustamente la follia, che spesso connota gli amori e gli innamoramenti. Angelique è appunto toccata dalla follia, che non è solo metaforica e relativa all'amore, come si può pensare nella prima parte del film costruita sulla favola immaginaria della Tautou. La follia di Angelique è reale, patologica e pericolosa (per sé e per gli altri). Nel ribaltamento realistico e drammatico della favola nella seconda parte, dove l'ottica dei fatti passa alla "vittima" Loic, la follia d'amore di Angelique si rivela in tutta la sua crudeltà fino all'epilogo beffardo dell'ospedale psichiatrico.
E' come se l'autrice ci stesse dicendo e ammonendo che Amélie è soltanto una folle pericolosa e che tutto il favoloso mondo che ha costruito attorno a sé è frutto della sua patologica fantasia.