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PRIDE regia di Matthew Warchus

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amterme63     7 / 10  26/12/2014 11:05:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Se lo si dovesse vedere come un semplice film di intrattenimento, allora lo si può giudicare come un buon film, divertente e di discreta fattura, molto abile nel catturare la benevolenza dello spettatore. Insomma ci si diverte e si esce dal cinema con l'animo leggero e riconciliato.
Questo è un aspetto (quello più diretto), poi se si vuole ci si può altrettanto "divertire" a disquisire sui messaggi e i significati del film. Prima di tutto occorre dire che molto del film sfugge a chi non è inglese. Infatti si svolge in quel periodo cruciale dei primi anni '80 in cui ci fu la sconfitta del movimento operaio e della sua etica solidaristica (i minatori e il loro sciopero di un anno intero), in favore dell'economia liberista e individualista (la politica di Margaret Thatcher). Era anche il periodo dell'apogeo della cultura punk con la sua spinta antintellettuale, anarchica e libertaria. Uno spettatore inglese sa già immaginare il periodo, il contesto, l'atmosfera in cui si svolsero i fatti; a un italiano (soprattutto giovane) tutto questo sfugge. Sfuggono poi le sfumature localistiche (il contrasto Londra - Galles, popolare - borghese). Il doppiaggio fa sicuramente perdere molto al film.
Il film dà quindi per scontato che si conosca il contesto delle vicende, in quanto viene messo in ellisse e sostanzialmente edulcorato. Visto così, spicca infatti per la semplificazione dei fatti e delle ragioni e quindi si trasforma in pratica in un film di parti e individui, più che di ragioni sociali: un film in cui i fatti economici e storici fanno da semplice contesto neutrale, dove quello che conta sono le scelte formative individuali.
"Pride" diventa così essenziamente una storia di maturazione e presa di coscienza individuale di vari personaggi, in un constesto piuttosto semplificato e favorevole, dove gli ostacoli vengono tutto sommato facilmente superati, grazie all'intraprendenza e al coraggio individuale, uniti alla forza di un gruppo.
E' la tradizionale etica anglosassone della preminenza dello sviluppo individuale all'interno, a favore e grazie a un gruppo coeso e battagliero. Ci si impegna tutti insieme per una battaglia collettiva, non importa se perdente, ma alla fine l'importante è realizzare se stessi, tirare fuori le parti nascoste e/o represse, per vivere in maniera piena e consapevole.
E' questo in fondo il messaggio "positivo" del film: il riscatto della propria individualità a dispetto di tutto e di tutti, quale esito del proprio impegno "civile".
In qualche modo anche questo è il frutto della sconfitta dello sciopero dei minatori (di cui al film importa in fondo poco) e della loro etica comunitaria. In fondo nel film si certifica il successo sociale e percettivo del postmoderno (la forza la danno i media, le provocazioni, non gli scioperi o le lotte economiche). Nel sentire comune c'è sempre e solo il destino del singolo, non quello collettivo, e il finale del film in fondo conferma ciò, informandoci della vita dei protagonisti e non di come è finita la società inglese dopo l'esperienza cruciale dello sciopero dei minatori (o almeno ce lo dice indirettamente).
C'è da dire che comunque almeno dal punto di vista dei diritti individuali l'Inghilterra ha fatto passi da gigante dagli anni '80 ad oggi. Stendiamo un velo pietoso su ciò che è successo in Italia nel frattempo...
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  28/12/2014 02:26:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
D'accordissimo