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IL POSTO DELLE FRAGOLE regia di Ingmar Bergman

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dobel     10 / 10  23/08/2009 18:21:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il posto delle fragole èil luogo dell'anima che forse non è mai esistito; un luogo dove siamo stati felici o forse crediamo di esserlo stati. Bergman firma un capolavoro immortale. E' il viaggio dentro la nostra anima che ci sta narrando... un posto tutt'altro che tranquillo. Ovviamente i simboli si sprecano, ma tutti sono comprensibili (caratteristica rara) e funzionali al racconto. Non vi trovo autocompiacimento o tentativo di psicanalisi. Semplicemente l'autore crede che in fondo un minimo di indulgenza verso gli altri, ma anche verso se stessi non sia fuori luogo. Il vecchio professore (egoista, acido...) non è che un uomo; accettare questo significa per lui trovare la pace. Ma significa la stessa cosa per la nuora accettare se stessa e soprattutto chi le sta attorno. La gioventù passa, i rimpianti sono tanti... ma se le cose che abbiamo lasciato fuggire ci fanno stringere il cuore in una smorfia di rimorso, è anche vero che tante le abbiamo afferrate e di questo dobbiamo essere grati. Il vecchio dottore non troverà mai più la sua innamorata dei vent'anni, cercherà invano anche in sogno di raggiungere i genitori e tutto quello che gli era caro e che ora manca alla sua vita, ma in fondo ha ritrovato un figlio con sua moglie. Può sperare alla fine di essere accettato per come è con i suoi difetti e i suoi pregi. E' il messaggio che tornerà alla fine di quell'altra opera gigantesca che è 'Fanny e Alexander': tutti abitiamo questo piccolo pianeta, quindi (parafrasando) se vogliamo alla fine riuscire a vivere dobbiamo accettarci, tenendo presente che per accettare gli altri prima di tutto dobbiamo accettare noi stessi. Il succo del discorso di Bergman nel 'posto delle fragole' può essere questo, appunto: che ci troviamo di fronte ad una umanità varia e sterminata che come uno specchio riflette le nostre debolezze, le nostre difficoltà, e tutti quei difetti che troviamo così volentieri negli altri senza accorgerci che sono parte costitutiva del nostro essere. Di fronte a questa umanità non possiamo ritirarci ed escludere noi stessi dal rapporto col prossimo, ma dobbiamo confrontarci con essa/o affinché accettando le nostre debolezze siamo in grado di accettare quelle degli altri. Il cuore del confronto on the road del vecchio prof. Bork e della giovane nuora è proprio questo. I personaggi che si intromettono occasionalmente nel loro microcosmo sono un'apertura su un mondo che entrambi (ciascuno a suo modo) avevano escluso. Soprattutto il gruppo di giovani (la ragazza viene interpretata significativamente dalla stessa attrice che interpreta in un flaschback il primo amore del vecchio Bork) mette a confronto i due viaggiatori con una faccia della realtà ancora sana e incontaminata, ancora contagiata dagli ideali tipici della verde età. Così la giovane nuora del prof. si rende sempre maggiormente conto (entrando a contatto con le reazioni del vecchio di fronte ai giovani, di fronte alla coppia di coniugi amari, cinici e disillusi; entrando quindi a contatto con le persone che appartengono al passato del prof. - la terrificante madre - e la grata coppia di benzinai) che la vita dell'anziano signore che la accompagna non è stata una vita sprecata né, tanto meno, una vita all'insegna dell'egoismo e dell'acidità. La progressiva consapevolezza di lei si accompagna alla progressiva consapevolezza (questa volta in negativo) di lui, sempre più ossessionato da incubi nei quali prova l'inutilità ultima dell'esistenza. La definitiva accettazione che entrambi raggiungono dell'altro e di se stessi (non senza ombre, intendiamoci, e non così linearmente) segna la pacificazione delle proprie vite. Non che di problemi non ce ne saranno più, ma sicuramente saranno affrontati con maggiore consapevolezza. Per concludere: non vorrei che si traesse dal mio insufficiente commento (queste riflessioni vengono sempre stese con un po' di fretta e non si riesce mai a dire veramente quello che forse si vorrebbe di un film ed un argomento ben altrimenti complesso e sfaccettato) un'impressione buonista della poetica di Bergman; l'autore ci mette di fronte i nostri fantasmi e non ci lascia scampo! Tuttavia credo semplicemente che ci dica anche che forse una via di scampo c'è, ci sta a portata di mano, la vediamo appena al di là della riva dove su una piccola barca ci chiama con la voce dei morti che ci hanno preceduto... la voce dei genitori, degli amici... noi la vediamo e la inseguiamo, cerchiamo di allungare il passo per raggiungerla ma lei se ne va inesorabilmente. Il vecchio Dott. Bork è questo che sogna alla fine del film... chissà se nel suo sonno...
rinuzeronte  13/08/2011 23:17:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Cosa? Chissà se nel suo sonno cosa? Ti prego finisci! Un pò di indulgenza per i meno perspicaci!
dobel  14/08/2011 12:13:42Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Chissà se nel suo sonno avrà trovato la pace e l'accettazione di se'.
Chissà se sara' riuscito a conciliare gli opposti della propria esistenza. Chissà se nella sua ultima visione avrà trovato semplicemente la morte.
Poi vai avanti tu con tutto quello che vuoi, credo che poche ipotesi possano essere fuori luogo.

Per quanto riguarda il La morte corre sul fiume, ti risponderò con più calma anche perché devo rivedermelo. L'ho visto tempo fa e non voglio dire cavolate.
A presto.
rinuzeronte  15/08/2011 12:03:26Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie della risposta.

Ti assicuro, però, che ciò che tu hai interpretato (mi pare) come impertinenza da sfottò, non era altro che enfasi da ammirazione per il tuo commento. Anzi, nell' ardore (ora esagero) del momento, ho pure cercato (malamente) di essere il più gaio e gioviale possibile.

Eh vabbè è questo il problema di queste cose ma ci si "chiarisce" appunto! ahah ;)
dobel  15/08/2011 14:11:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Benissimo, perfetto. Non c'è problema.